La città moderna e il paesello del risotto in piazza
Domeniche ecologiche: un parere «contro»
22 November, 2004
Se le domeniche a piedi, cosiddette ecologiche, fossero una cosa seria, per prima cosa si farebbero nei normali giorni di lavoro. E infatti che senso ha bloccare il traffico proprio quando una piccola parte delle automobili e degli altri veicoli a motore inquinanti escono dai garage, generalmente diretti fuori città? La risposta è chiara anche ai bambini: certo, non hanno senso, tanto più che ventiquattr’ore di forzata astinenza dal volante spingeranno probabilmente l’indomani più fuoristrada, più furgoni e più motociclette lungo le grandi arterie di scorrimento, facendo salire il livello di anidride carbonica e rendendo la situazione peggiore di quanto sarebbe stata se il blocco non fosse mai avvenuto. Ma basta una piccola riflessione in più per scoprire la vera ragione non dichiarata di tanto rigore: i blocchi automobilistici piacciono alla maggior parte delle persone (naturalmente non a quelle che devono andare al lavoro, e ce ne sono tante, oppure a chi è costretto a mettersi in cammino per visitare un parente in ospedale). Dunque, i politici che si scoprono ecologisti puntano sul numero: l’equivalente dell’antico \"panem et circenses\", adattato al gusto strapaesano e buonista dei cavallerizzi in piazza Duomo e delle gare di pattinaggio attorno alle aiuole spartitraffico ( o peggio, delle biciclette lanciate a tutta velocità sui marciapiedi). E così, in nome di una socialità ritrovata in stile folcloristico-paesano, si dimentica che le flotte di autobus squinzagliate per le strade inquinano ben più delle auto; che moltissimi anziani, non potendo pagarsi il taxi, sono costretti a restarsene malinconicamente a casa; che con le prime ore della sera nei quartieri lontani cinque minuti dal centro sembra calare il coprifuoco. E col danno, la beffa: il vero inquinamento, quello grave, viene in realtà dai riscaldamenti a nafta che, in deroga alla legge, molti edifici pubblici continuano impunemente a utlizzare; e dagli impianti privati di riscaldamento, che in larga misura funzionano ancora a gasolio. A meno che (e questo è il pensiero peggiore di tutti) impedendo la libertà di movimento si intenda sotto sotto tastare il polso ai cittadini, verificare fino a che punto l’abulia e il conformismo li rendano disponibili a piegarsi senza sussulti a nuovi probabili divieti, a una passività incapace di mettere in discussione i provvedimenti d’autorità. L’idea della città metropolitana moderna, dove tutto continua a funzionare a qualunque ora del giorno della notte, cede così il passo a quella chiusa e provinciale del \"vogliamoci bene tutti insieme\", castagne e risotto in piazza. Ma per fortuna, il lunedì è sempre un altro giorno.