Emergenza infinita
Non solo Campania. Tra le tante regioni in grave affanno sui rifiuti, la situazione in Calabria è drammatica. Discariche da bonificare che nessuno sa con precisione cosa contengano. Raccolta differenziata e impianti al palo. Intanto la magistratura comincia a indagare sui fondi gestiti dalla struttura commissariale - da Ecosportello News del 06.06.2005
07 June, 2005
La gestione «dei rifiuti della regione Calabria si basa in larga misura su discariche, molte delle quali attivate dai sindaci con procedure d'urgenza, gestite in modo carente, tanto da aver fatto rilevare al Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri vasti spazi di illegalità che vanno dalla mancanza dei requisiti tecnici, a gravi omissioni amministrative, a smaltimenti abusivi di rifiuti provenienti da varie regioni». «I pochi impianti a tecnologia complessa in esercizio non sono adeguati ai più recenti requisiti tecnici». «La gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti va immediatamente riportata sotto controllo... operando riforme strutturali» nei settori di raccolta, trasporto, valorizzazione, recupero di materia e di energia.
Si può rischiare una crisi di dispercezione temporale, a leggere queste righe: perché fotografano piuttosto fedelmente la situazione dell'emergenza rifiuti in Calabria oggi, ma sono state scritte alcuni anni fa. Nel 1997, per l'esattezza, nell'ordinanza del ministro dell'Interno che, all'indomani della proclamazione dello stato di emergenza e di crisi socio-economico-ambientale nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani in Calabria (DPCM del 12 settembre 1997), nominava Commissario delegato il presidente della giunta regionale.
Da allora, lo stato d'emergenza è stato confermato e prorogato, di anno in anno, con un carosello di ordinanze e decreti (una ventina) che arrivano all'ultima scadenza del 31 dicembre 2005. La ragione del protrarsi del commissariamento sfugge ai più: agli ambientalisti, naturalmente, ma anche alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti che, già nel luglio 2003, invitava a «ritenere ormai conclusa e non più prorogabile l'esperienza del Commissario straordinario e dei poteri delegati».
I maligni affermano che stato di emergenza e commissariamento creino le condizioni ideali per ottenere finanziamenti per la costruzione di impianti che, poi, non saranno mai realizzati. E la spiegazione non è poi così fantasiosa: è di pochi giorni fa l'invio, da parte della procura della Repubblica di Catanzaro, di una raffica di informazioni di garanzia all'indirizzo, tra gli altri, dell'ex presidente della Giunta regionale, Giuseppe Chiaravalloti, dell'ex assessore regionale all'ambiente, Domenico Basile, e dell'ex subcommissario per l'emergenza ambientale, Giovanbattista Papello. Il reato ipotizzato: associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato nella gestione dei finanziamenti destinati all'emergenza ambientale in Calabria. L'inchiesta, per ora, riguarda, appunto, finanziamenti per la costruzione di impianti di depurazione delle acque mai completati. Ma sono in molti a ritenere che il coperchio sollevato da questa prima iniziativa giudiziaria possa portare a spiacevoli sorprese anche nel settore della gestione dei rifiuti. Lo vedremo nei prossimi mesi.
Nell'attesa, torniamo a oggi: cos'è cambiato in Calabria in questi otto anni di commissariamento? Non molto. Nel maggio 1998 l'ufficio commissariale emanò il Piano degli interventi di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilabili. La bella notizia è che finalmente la regione si dotava di uno strumento di pianificazione in materia di rifiuti (sino a quella data non vi era stato alcun intervento normativo della regione); la brutta notizia, spiega Lidia Liotta, presidente di Legambiente Calabria, una degli autori del dossier Fuori dal tunnel. Per uscire dall'emergenza rifiuti in Calabria, presentato nell'aprile del 2004, è che il piano «fu bocciato dalla Direzione generale ambiente della Commissione europea, confermando i dubbi nostri e di diverse altre associazioni ambientaliste». Quali? «Per esempio, la profonda carenza di dati di partenza essenziali per la definizione di qualunque piano di gestione rifiuti: quantità, origine e tipologia dei rifiuti prodotti, dimensione degli impianti... Unico cambiamento positivo fu il censimento dei siti che accoglievano rifiuti e la chiusura di oltre 400 discariche attive, favorendo lo smaltimento in discariche pubbliche autorizzate dal Commissario». Qual è la situazione oggi? Vediamo qualche cifra.
<b>Diamo i numeri</b>
409 i Comuni della regione
696 i siti censiti (in tutta Italia sono 6.286!) potenzialmente inquinati di rifiuti con volumi superiori ai 250 mc
39 (appena il 5,6%) le discariche dotate delle opere necessarie a prevenire l'inquinamento
438 (il 63% del totale) le discariche situate a meno di 150 metri dai corsi d'acqua che vengono coinvolte da ogni fenomeno alluvionale, con danno ambientale ed elevato rischio per la salute delle popolazioni interessate
59 le discariche attive
637 le discariche dismesse ufficialmente (le stesse autorità non sono in grado di assicurare che non siano ancora utilizzate e per quali tipi di rifiuti)
17 le discariche in costruzione
390 i Comuni in cui è stato individuato almeno un sito particolarmente inquinato
952 i milioni di euro a cui ammonta (dati a luglio 2003 della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti) il totale dei finanziamenti attivati dalla struttura commissariale, di cui 733 privati (in project financing per la costruzione degli impianti, tra cui gli inceneritori) e 219 pubblici
889.083 le tonnellate di rifiuti urbani prodotti nel 2003
706.731 le tonnellate di rifiuti urbani smaltiti in discarica (79%)
1 a 2974 il rapporto tra siti utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti e popolazione residente (rapporto decisamente sproporzionato da attribuire, secondo la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, all'intervento della criminalità organizzata nel giro dello smaltimento dei rifiuti pericolosi provenienti anche da altre regioni e dall'estero per diversificare i propri illeciti interessi)
430 gli interventi che, nel triennio 2000-2002, hanno consentito il sequestro di varie discariche e la chiusura della maggior parte di esse, ma con rarissimi interventi di bonifica.
<b>Smaltimento, la chimera degli impianti</b>
Sull'inesistenza della necessità e urgenza a realizzare discariche, alla luce dei numeri appena elencati, non ci sono più dubbi: la stessa relazione commissariale del luglio 2003 lo ribadisce più volte. Sugli altri impianti, invece, la partita è ancora tutta aperta. «Dopo la bocciatura europea del 2001 - precisa Liotta - fu approvato il nuovo Piano per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati, che suddivideva il territorio regionale in cinque Ambiti territoriali ottimali (Ato). Il piano prevedeva: la realizzazione di due impianti di combustione, della capacità di 120.000 t/anno ciascuno, il completamento e/o il potenziamento degli impianti esistenti e la realizzazione di nuovi impianti per la valorizzazione del rifiuto a Piano Lago e Castrovillari, dove però non è ancora stata avviata la costruzione, e a Crotone, Gioia Tauro e Siderno, che sono ancora in costruzione. Completavano l'impiantistica ben 14 stazioni di trasferimento dei rifiuti. Furono attivati invece gli impianti di selezione dei rifiuti di Sambatello e di Lamezia Terme, mentre fu chiuso l'inceneritore di Settimo di Rende».
Ricapitolando, dunque, secondo quanto riferisce il Rapporto rifiuti 2004 di Apat e Onr, gli impianti calabresi di selezione, biostabilizzazione, bioessicazione e produzione di CDR sono sette: tre ancora in costruzione (Crotone, Siderno e Gioia Tauro) e quattro attivi (Catanzaro, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Rossano) che, con una potenzialità complessiva di 281.000 tonnellate l'anno, nel 2003 hanno smaltito 205.450,41 tonnellate di rifiuti.
<b>Raccolta differenziata: avanti piano. Anzi, pianissimo</b>
Completa il quadro una diffusione molto al rallentatore della raccolta differenziata: 1,1% nel 2000; 3,2% nel 2001; 7,0% nel 2002; 8,7% nel 2003 contro il 21,5% della percentuale nazionale e contro obiettivi che prevedono: 15% nel 1999, 25% nel 2001, 35% nel 2003. In questo quadro non proprio confortante, qualcosa, per fortuna, si muove. Sulla spinta del presidente del Parco dell'Aspromonte, Tonino Perna, i tre comuni reggini di Cinquefrondi (6.500 abitanti), Cittanova (oltre 10.000 abitanti) e Parapodio (circa 2.400 abitanti) hanno deciso di risolvere il problema in modo definitivo e radicale, avviando un programma di raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta. Il modello che sarà applicato, messo a punto dal Consorzio Priula Treviso 2, prevede la raccolta di: secco non riciclabile; rifiuto umido raccolto con sacchetti biodegradabili per la produzione di compost di qualità; vetro-plastica-lattine; carta; cartone pressato presso attività commerciali.
Quanto costerà agli utenti? «È prevista una tariffa puntuale per tutte le utenze - spiega Paolo Contò, direttore Priula - basata sul principio del "paghi quanto butti": le tariffe sono costituite da una parte fissa, uguale per tutti a seconda della tipologia di utenza, e una parte che varia proporzionalmente alla produzione di rifiuto secco non riciclabile per le famiglie, e alla tipologia di contenitore assegnato per le utenze non domestiche». I costi totali, per il Comune di Cittanova, saranno di 69,88 euro per abitante all'anno per un ammontare complessivo per il primo anno (compresi i costi di raccolta, del personale e dei contenitori) di € 747.213,31. Quanto bisognerà aspettare per vedere i primi risultati? «Pochissimo -assicura Contò - la raccolta porta a porta dà risultati immediati: nel giro di un paio di mesi, il tempo di entrare a regime, si balza al 50%».
Anche in situazioni drammatiche come quella calabrese? «Assolutamente. La nostra esperienza insegna che il comportamento degli utenti è indipendente dal contesto che, al contrario, è responsabilità delle amministrazioni o di chi gestisce il servizio». A fare da apripista nella sperimentazione sarà Cittanova: qui il progetto Priula è stato presentato ai primi di marzo. «Adesso - precisa Contò - il Comune dovrebbe assumere il finanziamento e poi affidare l'incarico». E qui casca l'asino... «Devo essere sincero - ammete Contò -questa è la parte che mi preoccupa di più. Perché il buon esito del porta a porta non dipende tanto dai cittadini quanto da chi realizza il servizio e soprattutto come lo realizza. E in Calabria, al momento, la raccolta differenziata è affidata a società pubbico-private, con partecipazioni del Commissariato che, però, gestiscono solo alcune porzioni e non l'intero ciclo della raccolta».
<b>Uscire dallo stallo in quattro mosse</b>
Insomma: tra commissariamenti e indagini giudiziarie, c'è speranza per la Calabria? «Noi ne siamo convinti - dice Liotta - e siamo pronti e disponibili a dare il nostro contributo di idee e proposte». Quattro, per l'esattezza: ripensare radicalmente il piano di gestione dei rifiuti, che in questi lunghi anni di commissariamento ha mostrato tutti i suoi limiti; pianificare per i prossimi mesi un piano straordinario di raccolte differenziate integrate secco/umido su tutto il territorio regionale, che devono sostituire progressivamente le attuali raccolte con contenitori stradali, sul modello di altre regioni italiane; terminare la costruzione degli impianti di valorizzazione del rifiuto differenziato, a partire da quelli di compostaggio, e trovare una localizzazione idonea a quegli impianti che ancora non l'hanno, attraverso la più ampia concertazione con cittadini e amministrazioni locali per evitare successive reazioni di protesta; concludere definitivamente l'esperienza del regime di commissariamento, punto sul quale si esprime favorevolmente da anni anche la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti. «Aggiungerei un ultimo punto - conclude Liotta - che riguarda tutte le iniziative da noi proposte: gli interventi vanno attivati subito, senza perdere altro tempo».
<b>La partita delle bonifiche, emergenza nell'emergenza</b>
Già, il tempo. Il protrarsi di provvediementi tampone per fronteggiare crisi contingenti e la mancanza di una programmazione sulla corretta raccolta e smaltimento dei rifiuti ha generato un'emergenza nell'emergenza dagli esiti molto preoccupanti. «Sono le bonifiche ambientali - si legge ancora nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta del 15 luglio 2003 - la più pressante emergenza per la Regione Calabria. Emergenza che impone, con ogni urgenza, una strategia d'intervento tesa al recupero ambientale di vaste aree del territorio. Dai dati acquisiti dal Comando del Corpo Forestale - che ha operato in stretto collegamento con la struttura commissariale - e dalle autorità preposte alla vigilanza e tutela del territorio, emerge uno scenario rappresentato da numerose discariche» in cui non è escluso che possano essere presenti rifiuti non trattati o rifiuti industriali: infatti, non risultano effettuati i prelievi dei rifiuti sversati per procedere ad analisi che accertino l'effettiva pericolosità e lo stato di inquinamento delle falde acquifere.
Ma la minaccia arriva anche dai siti abusivi che sono stati chiusi senza essere bonificati, sono privi di alcuna garanzia tecnica e sono situati prevalentemente in aree a rischio idrogeologico, (burroni, scarpate, in prossimità di fiumi e torrenti). Basterebbe uno smottamento a provocare gravi e irreversibili fenomeni d'inquinamento del suolo e delle acque, in particolare di quelle marine. Come non bastasse, adesso le difficoltà sono aggravate dal recente dietrofront dei parlamentari della maggioranza che, dopo aver approvato al Senato il 23 marzo scorso il provvedimento per fronteggiare l'emergenza rifiuti in Campania (il ddl n. 14 del 17 febbraio 2005) con un emendamento che lo estendeva anche alla Calabria (l'art. 4 bis), nel passaggio alla Camera, il 12 aprile, lo stesso provvedimento è stato approvato con una modifica che esclude la possibilità ai Comuni calabresi di attingere alle risorse finanziarie della Cassa depositi e prestiti per realizzare bonifiche e depurazione delle acque. Un bel problema, in una situazione che non ne aveva proprio bisogno e a ridosso dell'inizio delle vacanze estive. «È vero - dichiara ad Ecosportellonews il neopresidente della Regione Calabria Agazio Loiero - ma voglio essere ottimista. Sto trattando con il governo perché venga trovata una soluzione al più presto. E dalle assicurazioni che ho ricevuto sono certo che l'inizio della stagione estiva non ci coglierà impreparati».
<b>Alina Lombardo</b>