Rivoluzione elettronica
Ogni anno in Italia si producono 784mila tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Cosa succede a questo tipo di scarto e chi se ne occupa? L'Italia ancora in ritardo nel recepire la normativa europea. I pareri degli addetti ai lavori e degli ambientalisti - da Ecosportello News
02 August, 2005
Computer, telefonini, fax. Piccoli e grandi elettrodomestici, giocattoli e apparecchiature per lo sport e il tempo libero. Ancora: strumenti di monitoraggio e controllo, distributori automatici. È lunghissimo l'elenco degli apparecchi elettrici ed elettronici oggi diventati di uso corrente. Una gamma così ampia di prodotti che diventa persino difficile da quantificare. E che quando non servono più, perché rotti o superati da modelli più nuovi ed efficienti, diventano un'enorme quantità di rifiuti: circa 14 kg pro capite prodotti ogni anno, secondo le stime della Commissione europea, con un aumento compreso fra il 3% e il 5% l'anno. Basta una semplice moltiplicazione e si scopre che in Italia, ogni anno, si producono 784mila tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, scarti ormai denominati con l'acronimo di Raee. Di questi, si legge nel Rapporto Rifiuti 2004 di Apat e Osservatorio nazionale dei rifiuti, se ne recuperano 52.677 t/anno. Solo? E le rimanenti 731.323 tonnellate, dove vanno a finire? Intraprendono anche loro il lungo viaggio che, insieme ai Raee di Usa, Giappone, Corea del Sud e della stessa Cina, li porta in quell'inferno di Guiyu?
Sì, Guiyu, la cittadina della provincia della Cina meridionale del Guangdong tristemente famosa perché l'intera popolazione, senza distinzioni di sesso o età, vive riciclando i rifiuti elettronici dei paesi ricchi, inalando veleni e maneggiando materiali pericolosi senza alcuna protezione per una paga giornaliera che, nelle migliore delle ipotesi, non raggiunge l'equivalente di tre euro al giorno. È lì che finisce la maggior parte dei nostri rifiuti tecnologici? «No - dice Paolo Pipere, responsabile del servizio Ambiente, Infrastrutture e Territorio della Camera di Commercio di Milano - certo non posso dirlo con assoluta certezza, ma... spero proprio di no! Quello che sappiamo di sicuro è che oltre il 90% dei Raee prodotti in Italia finisce negli inceneritori senza separazione dei materiali, oppure è collocato in discarica».
Il che ci fa piacere per i bambini del sudest asiatico, sfruttati per smembrare le macchine elettroniche nelle loro numerosissime componenti, ma ci tranquillizza poco dal punto di vista dell'apporto di inquinanti che queste forme di smaltimento producono. Perché la maggior parte degli apparecchi elettrici e, soprattutto, elettronici di uso corrente rappresenta un concentrato di prodotti altamente inquinanti: plastiche, prodotti chimici, imballaggi, piombo, cadmio, bario, cromo, mercurio. Secondo un recente rapporto del Wwf, il solo incenerimento di questi rifiuti nei paesi dell'Ue è responsabile di emissioni in atmosfera di circa 36 t di mercurio e 16 t di cadmio all'anno e contribuisce a più del 50% del piombo immesso negli inceneritori, senza contare le notevoli emissioni di diossine e furani.
Il quadro normativo
Una situazione poco rassicurante, che rischia di diventare esplosiva e rende urgente una regolamentazione. La quale, in realtà, esiste a livello comunitario, ma non ancora a livello nazionale. È scaduto il 13 agosto 2004, infatti, il termine per l'Italia per il recepimento delle tre Direttive comunitarie (2002/95/CE, 2002/96/CE, 2003/108/CE) sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Direttive che, nelle intenzioni del legislatore, mirano a limitare l'uso di alcune sostanze pericolose in essi contenuti e ad introdurre una serie di misure volte a ridurre il volume dei rifiuti da smaltire.
Con ritardo, ma il 13 maggio scorso il Consiglio dei ministri ha approvato in prima lettura un decreto che, dopo il vaglio della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni parlamentari, diventerà esecutivo. Quando? Entro fine estate o inizio autunno, assicura il ministero dell'Ambiente. Schematizzando, sono sei le principali finalità del provvedimento: - riduzione al minimo della produzione di rifiuti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche attraverso la massimizzazione del reimpiego/recupero di quelle esauste e, soprattutto, con la prevenzione, alla fonte, della formazione di rifiuti grazie a una progettazione ecocompatibile (il cosiddetto design for environment) di apparecchi che considerino gli aspetti ambientali ed i costi correlati alla corretta gestione una volta diventati rifiuto; - obbligo di raccolta differenziata e realizzazione di un sistema di raccolta, recupero e riciclaggio; - divieto di collocazione in discarica dei Raee che non siano stati preventivamente sottoposti a selezione; - divieto di utilizzo di una serie di sostanze pericolose, a cominciare da mercurio, piombo, cadmio, cromo ecc; - realizzazione di sistemi di trattamento, recupero e smaltimento finale di questi rifiuti finanziati essenzialmente dai produttori delle apparecchiature; - segnalazione ai consumatori, con apposita marchiatura presente su tutti gli apparecchi elettrici ed elettronici, della necessità della raccolta differenziata.
Per garantire il corretto funzionamento, sia dal punto di vista finanziario che organizzativo, dei sistemi di gestione e smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici, il decreto prevede l'istituzione, presso il ministero dell'Ambiente, di un Comitato di vigilanza e di controllo e l'istituzione di un Registro nazionale dei soggetti obbligati allo smaltimento di questo tipo di rifiuti.
L'obiettivo dei quattro chili
Come obiettivo finale di raccolta differenziata della spazzatura elettronica proveniente dai nuclei familiari, il decreto fissa una quota di 4 kg/abitante l'anno entro il 31 dicembre 2006. Obiettivo praticamente già quasi raggiunto, secondo le stime del ministero, che valuta in 2,5 kg la media della raccolta attuale, «ma con punte di dieci, nelle zone dove il sistema di raccolta funziona».
Obiettivo addirittura già praticamente superato secondo la Federazione Nazionale delle Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche (Anie): in base alle sue proiezioni, si legge in un documento presentato al convegno milanese sul riciclo dei Raee del marzo scorso, «l'Italia raggiungerà e supererà l'obiettivo di raccolta di 4 Kg/abitante fissato dalla direttiva per il 2006, con trend ascendente negli anni a seguire. Parallelamente la percentuale di conferito in discarica (per i grandi elettrodomestici) diminuirà, entro il 2008, di oltre la metà rispetto al volume attuale. Una diminuzione si verificherà anche nel settore dei piccoli elettrodomestici». Previsioni ottimistiche? «Direi proprio di sì» commenta Paolo Pipere, rileggendo i dati sui rifiuti tecnologici nella provincia di Milano, capoluogo della regione che, nella classifica di Apat e Osservatorio nazionale dei rifiuti, è al secondo posto in Italia, dopo il Veneto, per quantità annua di Raee recuperati.
«Dalle nostre elaborazioni, basate su dati MUD - precisa Pipere - la quantità di rifiuti elettrici ed elettronici raccolti nella provincia milanese è stata di 2,03 kg per abitante nel 2002 e di 2,11 nel 2003, un quantitativo ancora molto distante dai 4 kg fissati dal decreto e di cui vediamo molto difficile un aumento pari al raddoppio entro il 2006». Quella dei 4 kg non è l'unico punto del decreto a sollevare le perplessità della Camcom di Milano. «I dubbi maggiori riguardano la classificazione di Raee - sottolinea Pipere - che nel provvedimento sono divisi in due grandi categorie: quelli provenienti da nuclei domestici e quelli professionali. I primi vengono definiti "Raee originati dai nuclei domestici e di origine commerciale, industriale, istituzionale e di altro tipo analoghi, per natura e quantità, a quelli originati dai nuclei domestici". I Raee professionali sono definiti come: rifiuti "prodotti dalle attività amministrative ed economiche", quindi diversi da quelli di cui al punto precedente. Ma non è chiaro il criterio di distinzione: è quello della "modica" quantità? Se sì, perché non è stata precisata? Insomma: «il provvedimento parla genericamente di Raee proveniente da nuclei domestici sottintendendo ad una categoria di provenienza che accomuna settori che non possono essere accomunabili».
Cosa cambierà
C'è chi sostiene che l'entrata in vigore nelle norme che recepiscono in Italia le direttive comunitarie sui Raee non cambierà granché. In realtà, se le cose funzioneranno come dovrebbero, di cambiamenti ne vedremo per tutti: produttori, consumatori, servizi di raccolta. Se, infatti, sul fronte della prevenzione della formazione di rifiuti, del reimpiego e recupero, e della diminuzione delle sostanze tossiche presenti nelle apparecchiature sono chiamati ad agire fondamentalmente i produttori, o i soggetti che importano questi beni, sul fronte della raccolta degli stessi beni una volta diventati rifiuto, invece, la responsabilità grava, sebbene in modo differente, su tutti i soggetti coinvolti: produttori, servizi pubblici di raccolta, consumatori.
Il finanziamento delle operazioni di trasporto, trattamento, recupero e smaltimento finale della spazzatura elettronica, lo abbiamo già accennato, è a carico dei produttori. È questa una delle novità principali del decreto: si introduce il principio della responsabilità del produttore per lo smaltimento dei rifiuti degli apparecchi elettrici ed elettronici, prevedendo, per chi non ottemperasse all'obbligo, sanzioni fino a 100.000 euro. Ai consumatori è affidato il compito di liberarsi dei loro Raee in modo corretto. Cioè portandoli al rivenditore o ad un centro di raccolta appositamente predisposto; affidandoli alla raccolta porta a porta, oppure ancora in strada, nei luoghi, giorni e orari stabiliti. Dipenderà dai Comuni: il provvedimento lascia loro la libertà di scegliere il modo che meglio gli consenta di adempiere agli obblighi di legge. Per gli apparecchi pesanti e di grandi dimensioni, difficili da trasportare, invece, il decreto stabilisce che, al momento della consegna di una nuova apparecchiatura destinata ad un nucleo domestico, i distributori devono assicurare il ritiro gratuito di quella vecchia e il suo avvio allo smaltimento, con costi che graveranno sul produttore.
Quanto ai servizi di raccolta, infine, oggi spetterebbe ai comuni creare un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti tecnologici e portarli ai centri di smaltimento. Ma il trasporto ai centri di smaltimento e l'eventuale rottamazione comportano costi che spesso superano il valore del materiale che poi sarà possibile riciclare. E questo spiega, in gran parte, perché siano parecchi i comuni inadempienti. Con il decreto di recepimento delle direttive comunitarie, che accolla ai produttori l'onere dello smaltimento, i Comuni saranno più propensi ad attrezzarsi per la prima fase, la raccolta differenziata dei Raee. O almeno questo è quanto si augura il legislatore. Insomma, è sui produttori che graveranno gli oneri maggiori a livello europeo.
«Ciò che si vuole ottenere - precisa Pipere - è far emergere il costo dello smaltimento dei Raee con il duplice intento di invogliare i produttori a fare prevenzione, producendo oggetti più facili da riciclare e, nel contempo, ridistribuire il costo dello smaltimento non indistintamente e in egual misura su tutta la collettività, come avviene oggi, ma su coloro che effettivamente queste apparecchiature acquistano e utilizzano». Uno shock, per i produttori? No, perché il tempo per prepararsi alla novità non gli è certo mancato. La prima direttiva comunitaria sui Raee è del 2002. «Non dobbiamo poi dimenticare - precisa Andrea Poggio, presidente di Legambiente Lombardia - che in fondo il principio di responsabilità per i produttori era già stato introdotto dal decreto Ronchi. Ma allora l'Anie fece muro e il governo, impegnato nella campagna sugli imballaggi, che all'epoca era molto più urgente, glissò sulla vicenda. Oltretutto, considerato che parliamo di prodotti sottoposti alla pressione di una forte concorrenza internazionale, si è anche ritenuto giusto lasciare al settore il tempo di organizzarsi per adeguarsi al meglio al principio di responsabilità. Adesso, però, la questione di una corretta gestione dei rifiuti tecnologici sta assumendo dimensioni per cui ulteriori rinvii rischierebbero di essere pericolosi, anche se sono convinto che alla data del 13 agosto 2005 in Italia non cambierà nulla».
Produttori: «Periodo transitorio di almeno un anno»
In effetti, l'attività di lobbying dell'Anie è ancora molto intensa. «L'impianto generale del decreto di recepimento delle direttive comunitarie va bene», dice Riccardo Corridori del Servizio centrale Ambiente Anie. «Sono stati presentati una ventina di emendamenti: prevalentemente piccoli aggiustamenti e alcuni rilievi più importanti quali un periodo transitorio di almeno un anno, come concesso in Germania; la creazione di un organismo di coordinamento di tutto il sistema; una maggiore presenza dei produttori nel Comitato di vigilanza e controllo previsto dal decreto all'interno del ministero dell'Ambiente».
Comunque venga modificata, la normativa di recepimento delle direttive comunitarie non potrà subire troppe modifiche nella parte che impone a produttori, importatori e assemblatori di istituire, a partire dall'agosto 2005, adeguati sistemi di gestione (raccolta, trattamento, smaltimento), con conseguenti oneri economici e vincoli di legge. E c'è chi è già pronto. Il consorzio Equal'it (Consorzio nazionale qualità, uso, smaltimento apparecchiature It), per esempio, lo scorso febbraio ha lanciato ecoR'it, un progetto pilota per la realizzazione di un sistema collettivo per la gestione dei Raee provenienti da nuclei domestici e da utenti professionali. Di fatto, i soci che hanno dato vita a ecoR'it (al momento sono 17: Brother Office Equipment, Canon Italia, Cdc, Cpf, Epson Italia, Fujitsu Italia, Kyocera Mita, Lanier, Lexmark International, Nrg Italia, Oki Systems, Olivetti, Packard Bell, Ricoh Italia, TallyGenicom, Toshiba Tech Italia, Toshiba Europe) stanno applicando le norme comunitarie ancora prima della loro entrata in vigore sul territorio nazionale, per verificarne sul campo l'applicabilità, analizzarne eventuali problemi e individuare le soluzioni più adeguate.
Obiettivo del progetto pilota (che ha richiesto un investimento complessivo di € 300.000) è raggiungere entro l'autunno la raccolta e il trattamento di 400 tonnellate di Raee da nuclei domestici in 10 province di tre regioni (Emilia Romagna, Lombardia e Puglia) e di Raee di utenti professionali di 11 province di altre quattro regioni (Lazio, Lombardia, Sicilia e Toscana).
Alina Lombardo