Il piano incrinato
Speciale Sicilia - Non convince praticamente nessuno il programma del governatore Cuffaro per uscire dall'emergenza rifiuti. L'assemblea siciliana lo congela. E anche il Tar sta per pronunciarsi dopo il ricorso di sindaci e Legambiente. Che denuncia: "Troppi inceneritori" - da Ecosportello News del 19.09.2005
19 September, 2005
Alina Lombardo
Tutto sospeso fino al 30 settembre. È datata mercoledì 13 luglio 2005, la decisione dell'Assemblea Regionale Siciliana che, votando all'unanimità un ordine del giorno proposto dal presidente della Regione Sicilia e Commissario per l'emergenza rifiuti Salvatore Cuffaro, impegna il governo della regione a sospendere ogni attività relativa al Piano di gestione dei rifiuti (Pgr), e rimanda alla IV Commissione dell'Assemblea della Regione Sicilia, integrata dal Commissario e da tecnici, l'approfondimento delle problematiche sollevate nel corso del dibattito assembleare. «Una decisione di buon senso» hanno dichiarato in coro le associazioni ambientaliste dell'isola, da due anni impegnate nel tentativo di contrastare un piano giudicato, nella migliore delle ipotesi, del tutto inadeguato a risolvere l'emergenza.
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«Un atto dovuto», sottolinea Legambiente, ricordando che l'ultima decisione di Cuffaro è arrivata all'indomani dell'ordinanza del Tar di Catania del 21 giugno scorso che, accogliendo i ricorsi presentati dalla stessa associazione e dai Comuni di Paternò e Augusta, ha sospeso fino al 27 settembre i lavori per la realizzazione dei termovalorizzatori previsti dal Pgr.
Una vecchia storia
La partita è ancora aperta, dunque, e le due sospensioni sono solo l'ultima puntata di una telenovela che va in onda da oltre 6 anni. Dal 22 gennaio 1999, per l'esattezza, quando un decreto del presidente del Consiglio dei ministri proclamava lo "stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella regione siciliana". Per due ragioni essenziali: arginare un grave stato di crisi di gestione dei rifiuti; attuare le direttive europee recepite con il decreto Ronchi del 1997, che fissava gli obiettivi minimi da realizzarsi entro il gennaio del 2000: raggiungimento del 25% di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti prodotti (oggi dovrebbe essere al 35%) e realizzazione degli impianti necessari al recupero energetico dal ciclo dei rifiuti solidi urbani. Il commissario regionale aveva 90 giorni di tempo per redigere un piano regionale d'interventi d'emergenza. Ma chiese, e ottenne, una proroga. Così, il Documento delle Priorità degli interventi per l'emergenza rifiuti in Sicilia (Pier) vide la luce il 25 luglio 2000.
Tre i punti essenziali su cui si sviluppava: contenimento della produzione di rifiuti, raccolta differenziata al 50%, selezione e recupero energetico attraverso la produzione del combustibile derivato dai rifiuti (Cdr) da utilizzare in impianti industriali. In Cdr doveva essere trasformato il 25% del totale della raccolta, mentre il rimanente (la frazione organica) doveva divenire compost. Il sistema di raccolta e gestione del ciclo integrato doveva essere affidato a 9 Ambiti territoriali ottimali (Ato), uno per ogni provincia. La Regione avrebbe dovuto "attuare e completare con efficacia e competenza" il piano d'intervento entro e non oltre il 2004.
Come stanno le cose a settembre 2005? Non bene. A quel Dpcm del gennaio 1999 ne sono seguiti numerosi altri che, di anno in anno, hanno prorogato lo stato di emergenza fino ad oggi. E tra un decreto e l'altro, una costellazione di ordinanze, ricorsi al Tar, denunce d'infrazione alla Commissione europea, petizioni, persino appelli al presidente della Repubblica. Ma torniamo ad oggi.
Dalla padella...
Secondo il "Rapporto sulla gestione dei rifiuti 2004" dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti e dell'Apat, ammonta a 2.576.660 tonnellate la quantità di rifiuti prodotti in Sicilia nel 2003. Di questi: 2.317.677 t (pari al 90% del totale) sono smaltiti in discarica; 44.231 t sono trattati negli impianti di compostaggio; 59.721 t finiscono nell'unico impianto di selezione, biostabilizzazione, bioessiccazione e produzione di combustibile da rifiuti (cdr); 20.666 t infine (0,8%) sono termodistrutte nell'unico inceneritore attualmente in funzione. Dove vadano a finire le centinaia di tonnellate di rifiuti mancanti, il Rapporto non lo dice. Ma il quadro di una gestione che non ha tratto alcun giovamento da 6 anni di regime commissariale appare piuttosto evidente. Lo conferma, nel caso ce ne fosse bisogno, il dato sulla diffusione della raccolta differenziata che, sempre secondo l'Onr, nel 2003 ha sfiorato un misero 6% (alla fine del 2001, la raccolta differenziata si attestava sull'1,9%).
A gestire i rifiuti dell'isola sono: 7 impianti di compostaggio di rifiuti selezionati (di cui 6 funzionanti) con una potenzialità di 345.500 t che, nel 2003, hanno trattato solo 44.231 t; 1 impianto di selezione, biostabilizzazione, bioessiccazione e produzione di cdr con una potenzialità di 40.000 t che nel 2003 ha trattato 59.721; 95 le discariche menzionate dal Rapporto Onr, ma Legamebiente già nel 2000 ne individuava 300 e lo stesso presidente della Regione Cuffaro, nei suoi recenti interventi sull'argomento ha parlato di 250 discariche da chiudere; 1 inceneritore con una potenzialità di circa 30.000 t (nel 2003 ha trattato 20.666 t).
Ancora nessuna traccia, invece, dei 9 impianti per la produzione di cdr previsti dal Pier (uno per ogni provincia), o dei nuovi impianti di compostaggio e di selezione e valorizzazione dei rifiuti.
... alla brace
In compenso, però, la Sicilia avrà presto 4 nuovi termovalorizzatori. Cosa c'entrano con il Pier? Nulla. L'organismo commissariale li ha tirati fuori dal cilindro nel dicembre 2002 quando ha presentato il Piano di gestione dei rifiuti in Sicilia (Pgr) che stabilisce: la realizzazione dei 4 impianti (Bellolampo, Augusta, Casteltermini e Paternò) destinati all'incenerimento del 65% dei rifiuti; la riduzione degli obiettivi di raccolta differenziata dal 50% al 35%, rimandandone l'ipotetico raggiungimento al 2008; il ridimensionamento della produzione e l'utilizzo del compost; l'aumento da 9 a 27 del numero degli Ato, frazionando ulteriormente le competenze sul territorio. Non solo. Il Pgr non fa più alcuna menzione agli impianti per la produzione del Cdr e affida il sistema della termovalizzazione a quattro Associazioni temporanee d'imprese (Ati) che gestiranno i nuovi inceneritori. Attraverso un bando del 2003 - per le cui presunte irregolarità la Commissione Europea ha deferito l'Italia alla Corte di Giustizia - sono state individuate le quattro Ati. Ad esse spetta, grazie ad una convenzione sottoscritta da Cuffaro nel giugno 2003, il compito di gestire per i prossimi 20 anni tutti i rifiuti dell'isola.
Per avere un'idea del business, la sola società P.e.a. Scpa - un consorzio ad hoc costituito da una serie di società del settore: Falck (19%), Actelios (20%), Amia (29%), Emit (29%), Consorzio di sviluppo per l'area industriale della provincia di Palermo (1%), Aster (1%), Gecopre (0,5%), Safab (0,5%) - investirà circa 300 milioni di euro per realizzare un sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani in 7 ambiti territoriali delle province di Palermo e Trapani; alla società andranno i proventi della vendita dell'energia prodotta dagli impianti e un ticket di almeno € 80 per ogni tonnellata di rifiuti conferiti dai Comuni. Complessivamente il sistema Palermo/Trapani gestirà intorno alle 800mila tonnellate di rifiuti urbani l'anno e servirà 1.600.000 cittadini (circa il 31% della popolazione). La Falk con Enel, Elettroambiente, Altecoen ed altre aziende è presente anche nelle due società che, con anologhi investimenti e ricavi, gestiranno lo smaltimento dei rifiuti nei sistemi Agrigento e Augusta. Alla Waste Italia, con Altecoen, Siemens ed altri, andrà la gestione del sistema Catania/Messina.
Inceneritori o mostri?
Una scelta che non piace alle associazioni ambientaliste, contrarie all'utilizzo del termovalorizzatore come esclusivo sistema di smaltimento: nel giro di un solo anno, dicono le stime di Legambiente, gli inceneritori scaricherebbero sulla città siciliane circa 86mila kg di polveri tossiche e più di 3.000 tonnellate di fumi contenenti diossina, furano e altre sostanze di natura cancerogena. Inoltre, scoraggerebbe l'utilizzo della raccolta differenziata che, come abbiamo visto, è già molto bassa. E la voce di Legambiente non è certo isolata. Da due anni, a dare battaglia alla politica "inceneritrice" della struttura commissariale siciliana si affiancano, in un fronte compatto, WWF, Italia Nostra, Cgil, Cisl e Uil, comitati cittadini di tutti i centri urbani direttamente interessati. Da Aragona, nel 2004, sono persino partite 3000 lettere all'indirizzo del presidente della Repubblica Ciampi per invocare il blocco del progetto e 10.000 firme sono state raccolte dalla petizione inviata dai cittadini di Augusta al presidente della Regione e ad altre istituzioni.
«Quella della termovalorizzazione a valle della raccolta differenziata - non si stanca di ripetere il presidente e commissario Cuffaro - è una scelta che è già stata fatta in tutto il resto del mondo, che non ha mai causato alcun tipo di inconveniente e alla quale noi arriviamo semmai in ritardo». «Peccato, però - ribatte Enzo Parisi, vicepresidente di Legambiente Sicilia - che a Copenhagen, Vienna, Parigi e in tutte le città straniere portate come moderno esempio di compatibilità tra inceneritori e centri urbani, la raccolta differenziata vada ben oltre il 50%: si brucia meno roba e molto ben selezionata e non la maggior parte di ciò che viene raccolto tal quale, come prevede il piano Cuffaro».
Piano che, aggiunge il presidente di Legambiente Sicilia Mimmo Fontana, in realtà altro non è che un «sistema evidentemente studiato per consegnare nelle mani delle imprese per i prossimi 20 anni tutto il settore dello smaltimento, trasporto-discarica-incenerimento. Il tutto, costruendo a favore delle imprese garanzie più che straordinarie». Per esempio? «La tariffa: viene ritoccata al rialzo anche se diminuisce il quantitativo dei rifiuti conferiti; paradossalmente più differenziata fai e più ti aumenta la tariffa. Oppure si pensi alla totale assenza di penalità per il fermo impianti, neppure a seguito di un eventuale sequestro della magistratura. Oppure ancora alla promessa che quando l'operatore si sarà stufato di continuare l'attività o non troverà conveniente rinnovare ex novo il termovalorizzatore, cosa che generalmente accade dopo 10 anni, la Regione subentrerà nella proprietà degli impianti acquistando i ferrivecchi o pagando il canone di locazione».
E poi c'è il problema dei siti: «Tutti gli impianti - sottolinea Parisi - sono ubicati in prossimità, o addirittura all'interno, di aree Sic e Zps. L'inceneritore di Augusta, poi, verrebbe costruito sulla stessa area della centrale Enel già contaminata da diossina, accanto al sito archeologico di Megara Iblea».
Fontana e Parisi ne fanno anche una questione, non secondaria, di legalità: «A pensarci bene - dicono - ritornano in mente le pagine di storia siciliana che parlano delle esattorie: si esigeva male per il pubblico ma i privati incassavano agi favolosi. Che il servizio fosse efficiente non importava a nessuno, però tutto era funzionale al mantenimento del potere, soprattutto di quello illegittimo».
Sarebbe ancora molto lungo l'elenco delle obiezioni del fronte ambientalista al Piano di Cuffaro. Gli ottimisti pensano che possa esserci proprio questa forte opposizione alla base della sua richiesta di supplemento di riflessione. Sarà vero? Non resta che attendere. Fino alla prossima puntata.