Bioplastiche: un caso studio di Bioeconomia in Italia
Il nuovo libro della Collana di Kyoto Club presentato al Parlamento Europeo alla presenza del Ministro dell’Ambiente Corrado Clini e di Amalia Sartori, Presidente della Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento europeo. Il comunicato di Kyoto Club
08 March, 2013
In occasione della presentazione ufficiale del “Green paper on plastic waste” da parte del Commissario Europeo all’Ambiente Janez Potocnik, Kyoto Club ha presentato al Parlamento europeo “Bioplastics: A case study of Bioeconomy in Italy. A smart chemistry for a smarter life in a smarter planet”, un libro - curato da Walter Ganapini - sull'esperienza italiana di regolazione della diffusione dei sacchetti in plastica usa e getta, finalizzata alla riduzione dell’inquinamento ambientale (Maggiori informazioni sul libro della Collana “Kyoto Books”).
Il libro presenta il “caso italiano” di bioeconomia che trae la sua origine dalla evoluzione della ricerca e innovazione del settore delle bioplastiche biodegradabili da un lato e dallo sviluppo virtuoso della filiera del compost di qualità, da rifiuto municipale raccolto in modo differenziato, dall’altro. Le connessioni tra questi due sviluppi, verificatesi negli anni, ha messo in moto una serie di comportamenti virtuosi e di iniziative di collaborazione tra svariati interlocutori (imprese, istituzioni, enti di ricerca, associazioni di settore, società di consulenza ed enti regionali ) generando un tessuto connettivo ideale per promuovere un cambiamento di modello di sviluppo con al centro l’uso efficiente delle risorse
La legge, introdotta il 1 gennaio 2011, prevede che gli unici shopper usa e getta commercializzabili siano quelli biodegradibili e compostabili secondo lo standard CEN 13432 e che quelli in plastica tradizionale debbano rispondere ai criteri della durevolezza e della riutilizzabilità con spessori differenti a seconda della tipologia e della finalità d’uso.
La nuova regolamentazione, concepita in primis per affrontare il grave problema della gestione dei rifiuti e delle discariche conformemente alle direttive europee, ha già offerto molteplici benefici ambientali: un decremento complessivo del consumo di sacchi usa e getta pari a circa il 50% nella grande distribuzione, con conseguente sensibilizzazione dell’opinione pubblica (oltre il 90% dei cittadini italiani ritiene la legge un passo in avanti nella tutela dell’ambiente, fonte ISPO 2012); la riduzione del conferimento in discarica del 20,7% con un susseguente risparmio annuo di circa 5,1 milioni di euro; l’abbattimento del 29% delle emissioni di CO2 e la riduzione del 39% del petrolio utilizzato.
Inoltre, circa il 50% dei sacchi per la raccolta del rifiuto organico sono shopper biodegradabili e compostabili e rappresentano una opportunità per estendere le raccolte differenziate del rifiuto organico nelle municipalità che ancora non l’hanno attivata o di risparmiare per quei comuni virtuosi che l’hanno già implementata da anni.
Non solo.
Questa legge ha permesso di agganciare uno sviluppo nel campo delle bioplastiche biodegradabili e compostabili presente nel territorio ed in Europa, contribuendo ad un loro salto di scala e alla costruzione di filiere integrate e allo sviluppo di prodotti bio-based, la cosiddetta “Bioeconomia”, ossia un’economia che – conformemente alle linee guida indicate dalla UE - utilizza le risorse naturali in modo sostenibile e intelligente e sviluppa prodotti da fonte rinnovabile per favorire la crescita e l’occupazione, riducendo, al contempo, la dipendenza dalle risorse fossili.
L’adozione, da parte del legislatore italiano, di lungimiranti misure “market pull” che incentivano la produzione e l’utilizzo di prodotti biodegradabili da materie prime rinnovabili in nicchie di mercato particolarmente critiche dal punto di vista ambientale ha dato vita ad importanti investimenti in tecnologie innovative e ha consentito la nascita di un’industria della chimica verde, basata sulla riconversione di siti industriali dismessi in bioraffinerie di terza generazione e sull’integrazione tra agricoltura, chimica e industria, con positive ricadute per l’intera società in termini economici, occupazionali, di riduzione dei rifiuti e di introduzione di criteri di sostenibilità nelle scelte di consumo dei cittadini.
L’incontro è stato aperto da Amalia Sartori, Presidente della Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento europeo e ha ospitato, tra gli altri, gli interventi di Janez Potocnik, Commissario europeo all’Ambiente, Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente, Pierre Angot, Vicedirettore presso la divisione “Industrie de la santé, de la chimie et des nouveaux matériaux” del Ministero francese per lo sviluppo economico e Marco Peronaci, Ambasciatore italiano presso la EU.
Alla tavola rotonda, moderata da Catia Bastioli, Presidente del Kyoto Club, hanno partecipato Francesco Ferrante, già Senatore della Repubblica, Andrea Bianchi, Direttore Generale presso il Ministero per lo Sviluppo Economico, Daniele Ferrari, Vice Presidente di Federchimica, Christophe Rupp-Dahlem, Presidente di Association Chimie du Végétal, Maura Latini, Vice Presidente di Coop Italia, David Newman, Presidente di International Solid Waste Association, Walter Ganapini, Membro onorario del Comitato Scientifico della European Environment Agency e Francesco Bertolini, Professore presso l’Università Bocconi.
L'intervento di Catia Bastioli
“La norma italiana sui sacchi, come dimostrato da una serie di dati riassunti nel libro, prodotti da enti di rilevanza nazionale con i più disparati interessi, sta catalizzando il cambiamento, promuovendo un processo di innovazione incrementale indotta, all’insegna dell’uso efficiente delle risorse, permettendo di sperimentare e valutare le effettive ricadute sul territorio, creando nuove competenze di economia di sistema, ponti tra settori altrimenti lontani: tra chimica, agricoltura, biotecnologia, petrolchimica, industria della trasformazione, industria del rifiuto, pubbliche amministrazioni, centri di ricerca, associazioni, consorzi obbligatori e volontari, forze ambientaliste e del volontariato. Questi sviluppi potranno permettere di affrontare con maggiore determinazione la crisi economica e il fenomeno della deindustrializzazione dei siti chimici nazionali dovuta alla perdita di competitività del settore delle commodity da petrolio in Europa. Potrà inoltre dare una risposta ai problemi di desertificazione di alcune aree del territorio italiano grazie alle filiere collegate alle bioraffinerie integrate nel territorio, nel rispetto della biodiversità locale e alla maggiore disponibilità di compost di qualità” ha dichiarato Catia Bastioli, Presidente del Kyoto Club.