Amiat, il “porta a porta” può attendere
Ci sarà ancora da aspettare prima che tutti i quartieri della città siano serviti dalla raccolta dei rifiuti «porta a porta». Le ristrettezze economiche non aiutano a procedere con l’allargamento del servizio casa per casa, che oggi tocca la metà dei torinesi, dalla periferia al centro. Estendere il servizio ad altri 250mila abitanti consentirebbe di incrementare la raccolta differenziata al 50 per cento. Ma bisogna trovare le risorse - da La Repubblica del 31.08.2013
02 September, 2013
Gabriele Guccione
Tempi duri, anche per la raccolta dei rifiuti. Tanto che bisognerà aspettare che passi la nottata prima che il progetto di estensione del «porta a porta» anche ai quartieri semi-centrali e centrali della città venga tirato fuori dal cassetto, dove è stato riposto da Comune e Amiat in attesa di tempi migliori. L’azienda dei rifiuti si prepara da lunedì a tappezzare la città dei nuovi manifesti per dire «grazie a tutti i torinesi che non lo fanno», che cioè non sporcano le strade della città con cartacce, gomme da masticare, cicche, lattine, mentre per avere il «porta a porta» in tutti i quartieri di Torino bisognerà aspettare ancora.
Entro la fine dell’anno la raccolta «porta a porta» approderà con gradualità alla Crocetta, raggiungendo altri 31mila abitanti che si andranno ad aggiungere a quella metà di torinesi, soprattutto in periferia, che godono del servizio casa per casa. «Se agli attuali 454mila residenti toccati dal porta a porta si aggiungessero altri 250mila abitanti potremmo portare la quota di differenziata dal 42 al 50 per cento», fa notare l’amministratore delegato Roberto Paterlini. I vertici di Amiat non nascondono però che un ulteriore incremento, stando così le cose, non è all’ordine del giorno del piano industriale della società. «Certo, consentirebbe di far salire il livello di raccolta differenziata di 2 punti percentuali per ogni nuovo quartiere raggiunto — spiega il presidente Maurizio Magnabosco — Il problema sono i costi, molto elevati, perché si tratta di raggiungere zone con strade strette e spazi limitati. E non si possono ribaltare sulle tasche dei cittadini».
Senza contare che la Tarsu viene evasa dal 15 per cento dei torinesi, finché la situazione delle casse comunali non migliorerà sarà difficile trovare i soldi: «Prevedere nuovi investimenti è molto difficile — afferma l’assessore all’Ambiente, Enzo Lavolta — anche a causa dell’incertezza che grava sulla tassa dei rifiuti». A meno che Amiat, e ci stalavorando, non riesca ad allargare la propria filiera con altri servizi, come quello dello smaltimento dei rifiuti sanitari. Frattanto si fa affidamento sulla buona volontà e la civiltà dei torinesi, invitandoli a non sporcare e a fare la differenziata. Nei prossimi giorni sui muri della città saranno affissi i 2400 manifesti (costati 48mila euro) della nuova campagna di sensibilizzazione pensata per ringraziare i torinesi virtuosi. «Torino ha un livello di pulizia molto elevato — dice Lavolta — ma è sempre bene ricordare ai cittadini che questo dipende anche dai loro comportamenti». Paterlini, che viene dall’Emilia, condivide il giudizio: «I cittadini di Torino si comportano bene e la città è pulita — dichiara — Certo, si tratta sempre di una grande città, ed è normale che qualche volta possano esserci delle difficoltà».
Ci sarà la tessera a punti per scaricare tv e lavatrici
Scaricare i rifiuti ingombranti negli eco-centri sarà un po’ come andare a fare la spesa al supermercato. Con la nuova tessera personalizzata, proprio come quella per le raccolte punti degli ipermercati, che dal prossimo anno Amiat consegnerà ai torinesi che ne faranno richiesta, l’obbiettivo è di incentivare i cittadini a frequentare i centri di raccolta, e a non scaricare televisori e lavatrici vicino ai cassonetti della spazzatura. Ogni televisore consegnato, per esempio, si avrà un certo numero di punti, che daranno il diritto di ricevere dei «premi» o dei servizi gratuiti, come la possibilità di portarsi a casa un sacco di compost per il giardino. «È una piccola cosa — minimizza l’ad di Amiat, Roberto Paterlini — Può però aiutare i cittadini a fare l’abitudine con gli eco-centri». L’idea, Paterlini, l’ha importata dall’Emilia, dov’è direttore di Iren Ambiente, e pare che riscuota un certo successo tra la popolazione.
Rifiuti speciali ospedalieri nuovo business dell’azienda
Tra le nuove frontiere del business di Amiat, che una volta archiviata la remunerativa gestione della discarica di Basse di Stura è alla ricerca di nuove filiere di produzione, ci sarà anche la raccolta e il trattamento dei rifiuti ospedalieri. Si tratta del business più remunerativo nel mondo delle aziende ambientali: il loro smaltimento viene pagato anche fino a 1500 euro a tonnellata. E per l’azienda di via Giordano Bruno, che finora non li ha mai trattari, potrebbe essere una manna: «Non possiamo lasciare ai privati la parte più preziosa della catena dei rifiuti», spiega il presidente della società Maurizio Magnabosco. L’azienda di cui la città di Torino è socia si sta preparando prima di tutto per cominciarne a gestire la raccolta, lasciando al futuro la possibilità di trattarli direttamente, visto che non ha ancora un impianto adatto. Quella dei rifiuti sanitari è una delle filiere che la nuova gestione dell’azienda, dopo l’ingresso tra i soci di Iren, intende perseguire.
Meno spazzini per pulire in 4 anni via 300 operai
Ogni anno dalla pulizia delle strade cittadine gli spazzini di Amiat tirano su la bellezza di 15mila e 500 tonnellate di immondizia. Un servizio, quello per tenere puliti gli spazi pubblici della città, che costa all’amministrazione comunale 30 milioni di euro all’anno, spesa comunque diminuita data la scarsità di risorse su cui Palazzo civico può contare. Oggi gli spazzini di Amiat sono 500, e sono calati di numero da quando, nel giro degli ultimi quattro anni, la società ha ridotto il suo organico di 300 dipendenti, soprattutto operai. Il problema della pulizia è molto sentito dai cittadini, segno ne sono le oltre 200mila telefonate che ogni anno arrivano al call center della società. C’è però da dire, sostiene il presidente Maurizio Magnabosco, che «il livello di qualità dei comportamenti dei cittadini è comunque cresciuto».