Smart city: approccio ecosistemico. Una nota di Elvira Tarsitano (Abap)
"Le città sono sistemi ad alto consumo di energia che incidono sulla natura per il mantenimento del proprio equilibrio. Da qui nasce l’importanza di preservare “il capitale naturale” per non incorrere nel grave rischio di una diminuzione della qualità della vita". Pubblichiamo una nota di Elvira Tarsitano (Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi)
10 October, 2013
Le città sono l’ambito principale in cui si concentra e si sviluppa l’economia, la vita sociale, e civile di un territorio; allo stesso tempo oggi le città offrono i peggiori esempi di congestione, inquinamento, declino industriale ed esclusione sociale, di scadimento cioè della qualità del vivere. Il diffuso malessere attualmente avvertibile in ambito urbano è anche frutto delle correnti metodiche di gestione e regolamentazione urbanistica, di gestione dei flussi di materie ed energia.
I Piani Urbanistici Generali sono spesso funzionali a normare i rapporti di convenienza e connivenza tra classe imprenditoriale e potere politico a scapito degli interessi reali della popolazione e della qualità della vita. Risultato di questo erroneo approccio alle politiche di gestione delle città è l’attuale stato di disagio avvertito dai cittadini i quali non ritrovano più le condizioni di condivisione, partecipazione ed identità con i luoghi urbani.
Storicamente la città (la Polis) nasce ed esprime compiutamente “qualità urbana” quando è espressione delle tante personalità, spesso anche contrastanti, che in esse operano e che devono esprimersi con un fine che è anche “etica” cioè tendente ad armonizzare le diverse esigenze particolari di cittadini ed istituzioni con quelle generali.
Le città non si formano per aggregazioni di costruzioni e sommatoria di individui indifferenti alla vita associata, ma soltanto quando gli uomini avvertono l’esigenza pratica e si pongono l’obiettivo di determinare ed essere quindi parte di un organismo in cui, superati i limiti del “recinto familiare” ci si ritrovi a condividere quanto realmente indispensabile alla vita economica, sociale e spirituale di una popolazione.
Solo quando ciò succede si pongono i presupposti di una vita civile e, solo allora, gli edifici, le vie, le piazze, il verde trovano modo di assumere forme e funzioni idonee e diventano parti concordanti ed armoniche dell’organismo stesso.
Le città proprio perché “organismi” sono parte di un sistema più complesso, il paesaggio, e le città proprio in qualità di organismi possono metodologicamente essere viste nei loro meccanismi di crescita, trasformazione e decadenza con una impostazione disciplinare innovativa che può trovare nella visione ecosistemica linfa e sostegno. La visione ecosistemica del territorio nelle moderne Smart City (organizzazione prodotto di una co-evoluzione di lungo periodo fra comunità insediata ed ambiente) può contribuire ad un rinnovamento radicale dell’urbanistica con l’innesto di concetti e variabili progettuali e gestionali relative a relazioni virtuose tra l’insediamento urbano ed il territorio extra-urbano.
Le città sono sistemi ad alto consumo di energia che incidono sulla natura per il mantenimento del proprio equilibrio. Da qui nasce l’importanza di preservare “il capitale naturale”, il paesaggio in maniera tale da garantire il necessario input di risorse naturali e non incorrere nel grave rischio di una diminuzione della qualità della vita. E’ necessario conservare un rapporto equilibrato ed armonico tra campagna e città. (La storia dell’ultimo ventennio mostra come la città abbia invaso la campagna in modo del tutto irrazionale).
L’ambiente naturale deve essere preservato all’interno di un circoscritto ambito amministrativo (città, regione, nazione) per sostenere un adeguato livello di sviluppo della società umana. Infatti, esso è un sistema che ha in sé la potenzialità di proteggere il mantenimento della vita, stabilizzare i substrati, controllare i cicli atmosferici e i cicli idrici, moderare i valori estremi della temperatura e di altri fattori fisici e così via (ci si riferisce agli ecosistemi maturi come le antiche foreste, gli oceani che sono più protettivi che produttivi).
Ciò premesso, si deduce che il fondamento della pianificazione deve essere la capacità di auto mantenimento della vita. La visione ecosistemica del territorio consiste nel ritrovare e nel garantire l’armonia tra l’insediamento urbano ed il territorio extra-urbano. Occorre affrontare con le giuste strategie il degrado ambientale, progettando e individuando regole insediative della città e del territorio che risultano di per sé generatrici di nuovi durevoli equilibri ambientali.
Fulcro di questo percorso è la partecipazione degli attori sociali, il coinvolgimento della popolazione e di precise competenze tecniche ed amministrative, il tutto inteso come un forte momento di coesione economica e sociale.
Il principio ispiratore è la creazione di un corretto rapporto tra l’uomo e il suo ambiente, tra utente e pianificatore, tra paesaggio naturale e urbano, tra ambiente sociale ed ambiente economico per “cercare un posto dell’uomo nella natura e un posto per la natura nella città dell’uomo”.
I presupposti fondamentali sono l’equità sociale e l’equilibrio ecologico.
Il coinvolgimento dei cittadini nella fase di analisi e di individuazione dei problemi, garantirà la collaborazione degli stessi alla formulazione e alla applicazione delle strategie di azione previste dalla pianificazione. L’auspicata partecipazione dei cittadini è necessaria per far sviluppare una consapevolezza sul futuro dell’intera collettività, e per creare coinvolgimento e collaborazione. In modo tale che essi sviluppino la capacità per una idonea cura dei propri luoghi
Nella nostra cultura la partecipazione da parte dei cittadini agli eventi che coinvolgono la comunità cui appartengono, è spesso declinata ma poco praticata. Quindi, occorre sensibilizzare ed aiutare i cittadini a sentirsi partecipi e parte integrante di questo modello innovativo di pianificazione del territorio.
L’idea della “città partecipata” consiste nel rendere possibile la discussione e il confronto fra esponenti di categorie normalmente in conflitto. Persone di diversa provenienza sociale, culturale potranno fare concreti progressi insieme, verso decisioni basate su di una conoscenza comune. Spesso è solo attraverso l’esperienza del lavorare insieme su problemi specifici ed immediati che essi incominciano a demolire barriere ideologiche, filosofiche che hanno inibito ed impedito la collaborazione nel passato. E’ comune a tutte le esperienze condotte secondo questi principi il verificarsi di un progressivo aumento di interesse e partecipazione con il procedere del lavoro comune.
I cittadini, i rappresentanti delle categorie sociali ed economiche devono integrarsi con tecnici, pianificatori, amministratori nei processi decisionali di governo e di controllo per giungere alla istituzionalizzazione della partecipazione come elemento integrante della concezione stessa del progetto della città e del perseguimento di forme concrete di qualità urbane ed ambientali.
Si supera, così, l’idea di pianificazione come prodotto finale a vantaggio di pianificazione come processo continuo.
Il coinvolgimento delle comunità non deve limitarsi a possibilità e modifiche marginali, ma deve avere modo di incidere su scelte sostanziali di sistemi progettuali già definiti. L’influenza della partecipazione del cittadino prevista in fase iniziale, deve risultare determinante sul risultato finale.