Il movimento dei freegan. Recuperare cibo dai cassonetti | Video
Nato negli Stati Uniti negli anni Novanta, è arrivato anche in Italia e considera la condivisione una regola di vita. Ecco cosa dicono e cosa fanno due studentesse che ne fanno parte - dalle pagine web di Repubblica.it, sezione "Inchieste"
15 October, 2013
di Enrico Camana, Simone Giancristoforo, Linda Stroppa
VENEZIA - Il campanile di San Marco scandisce il settimo rintocco. Il sole è già alto, ma Venezia dorme ancora. Il silenzio è rotto dal motore di qualche motoscafo che scivola sull'acqua dei canali. Mentre i gondolieri puliscono le loro barche, Emma e Bianca, due studentesse della provincia di Bologna, si vestono svelte. A quell'ora sono già in strada. Scarpe da ginnastica, borsa a tracolla e guanti di plastica, vanno a fare la spesa. Ma non scelgono i prodotti come fanno tutte le altre persone che affollano le corsie dei supermercati e si mettono in coda per pagare. Emma e Bianca rovistano con cura nel retro dei supermercati, nelle buste della spazzatura piene di scarti e cibo non venduto. Da qualche mese le due ragazze fanno la spesa così, come se andassero in un self-service. Quello che trovano è ancora buono e si può mangiare. Non devono passare alla cassa e pagarlo. Tra le calle di Venezia, su e giù per vicoli e ponti, dicono di sentirsi come in un videogioco, "alla ricerca di un tesoro da salvare prima che la nettezza urbana se lo porti via".
A questo link il video di Emma e bianca nella loro attività di Freegan a Venezia.
Vent'anni, studentesse universitarie, alcuni mesi fa hanno conosciuto un movimento di consumo alternativo. "Si chiamano freegan", racconta Bianca, mentre raccoglie alcune mele da una busta. Il Freeganism, (nome composto da free e vegan, ovvero i vetegetariani radicali) nasce in America negli anni Novanta, in aperta protesta con lo stile di vita consumistico che, proprio negli Stati Uniti, ha raggiunto il massimo grado di espressione. Negli Usa, dove la comunità dei freegan è in espansione, il recupero del cibo è solo una parte di uno stile di vita più ampio che considera la condivisione un punto centrale. I freegan più ortodossi spesso vivono in case occupate, sono squatter, non usano l'auto e si spostano in bici o con i mezzi pubblici. Secondo la Natural resources defence council, un'organizzazione americana impegnata nella difesa dell'ambiente di cui fanno parte quasi un milione e mezzo di persone, gli americani gettano via 165 miliardi di cibo all'anno. Proprio in America, è dal 1996 che una legge, la Good Samaritan Food Donation Act, incoraggia le donazioni di cibo a organizzazioni non profit.
Un modello che oggi trova spazio anche in Italia e che permette a Emma e Bianca di mangiare a costo zero, a patto di infilarsi i guanti e affondare le mani nei grandi sacchi neri della merce scartata. "Risparmiare è importante - spiegano -, ma il problema non è solo economico: il cibo ha un valore e non va sprecato". Nei sacchi della spazzatura, nei depositi degli ipermercati, si trova di tutto: miele, verdura, pane nero, biscotti. "In molti casi, le confezioni sono solo un po' ammaccate, ma il prodotto è perfetto e addirittura in anticipo sulla data di scadenza", dice Emma. "Al mattino, ci alziamo presto, prima che la nettezza urbana passi a raccogliere i rifiuti. Scegliamo ciò che è ancora commestibile. In fondo, dipendiamo da ciò che troviamo. Quello che risparmiamo lo spendiamo per i prodotti che ci piacciono di più: cibo biologico, equo e solidale, senza additivi". Davanti alla saracinesca, sul retro di una Coop, Emma e Bianca aspettano che i dipendenti portino fuori la spazzatura. Parlano di cosa cucineranno a pranzo, tirando a indovinare su cosa troveranno. Il tempo passa così. Dopo un paio d'ore, le buste delle due ragazze si riempiono di cibi "salvati".
La filosofia dei freegan è raccontata nel libro "Waste", scritto da un professore dell'Università di Cambridge, Tristram Stuart, che ha modellato la propria vita su "quelli che volgarmente chiamiamo rifiuti". I freegan approfittano della situazione di sovrabbondanza ma con la loro azione, lanciano una critica alla nostra società: produrre di meno e consumare meglio. E come tutte le rivoluzioni prende spunto dal comportamento virtuoso di un singolo individuo. Come dice Stuart, "compra solo quello di cui hai bisogno, e mangia tutto ciò che compri".