Ue, direttiva sacchetti. "Non possono bandirci", parlano i legali dei sacchetti di plastica
Secondo gli agguerriti avvocati della Alber&Geiger i sacchetti bicompostabili ostacolano il riciclo e comunque non possono essere imposti per legge. Ecco i loro argomenti
26 November, 2013
Alber&Geiger è uno studio legale specializzato in diritto europeo. Seguono la questione del bando italiano dal 1° gennaio di quest’anno, per un cliente che produce sacchi d’asporto merci. Hanno lavorato anche con gli Stati che hanno presentato il parere motivato contro il bando italiano, Olanda e Inghilterra, e loro stessi hanno fatto ricorso alla Commissione spiegando perché ritengono il bando ingiusto.
“La nostra prima obiezione – ci racconta il consulente legale Albi Alla - è che spesso quelli che sostengono di produrre sacchetti biodegradabili in realtà vendono sacchetti che sono solo per il 30-40 % costituiti da materiali rinnovabili . In alcuni casi anche meno del 10%. Il rimanente è plastica a base di petrolio.
Però questo non riguarda quelli certificati come compostabili...
No, ma c’è un problema che riguarda tutti i sacchetti bio: e cioè che non risolvono il problema dei rifiuti nelle acque marine. I cosiddetti sacchi di plastica biodegradabili non si decompongono in mare. L’acqua rende la loro decomposizione impossibile. Perciò, il problema dei rifiuti marini non può essere risolto con queste borse. Mentre la decomposizione sulla terra impiega molto tempo per verificarsi a richiede condizione ideali, a volte artificiali. Diverse ricerche arrivano alla stessa conclusione: questi sacchetti impiegano tempo a dissolversi, anche in mare. Un’altra osservazione che abbiamo fatto è che il mero fatto che un sacco sia biodegradabile non significa che se lo butto a terra dopo 60 giorni sparisce. I consumatori sono falsamente incoraggiati a gettare via i cosiddetti sacchi di plastica biodegradabile dopo un solo utilizzo, trasformando la terra in una discarica. Il problema dei rifiuti cresce. Un altro aspetto che non deve essere sottovalutato è che i sacchi biodegradabili sono graditi solo dall’industria della plastica biodegradabile. Sia l’industria del compostaggio si quella della raccolta differenziata li rifiutano. Qualsiasi quantità di plastica biodegradabile contamina l’intera quantità di plastica convenzionale riciclabile. Qualsiasi traccia di biodegradibilità rende impossibile riciclare. Insomma, secondo noi il decreto che favorisce i sacchi biodegradabili non è basato su fatti giusti. In Italia non abbiamo nemmeno avuto modo di discutere di questi argomenti: un po’ perché ormai la legge era fatta e mancava solo il decreto – fatto a marzo – e un po’ perché in Italia la questione era ormai un affare politico. Per questo ci siamo mossi su un altro fronte, quello europeo.
In che senso?
Appellandoci alla Direttiva Imballaggi, che all’art. 18 – libera circolazione delle merci – che ci dava la possibilità di bloccare il decreto italiano in sede europea. Abbiamo lavorato con tutti i Stati membri, facendo lobbying. Inghilterra e Olanda condividevano il nostro punto di vista, ma parecchi altri stati appoggiano la stessa causa, anche se non si sono esposti in prima persona. Ora siamo davanti a questa nuova bozza, dove c’è però una questione legale. Come noto, la bozza deroga all’art. 18 della Direttiva Imballaggi, che per noi è la clausola di salvaguardia per il mercato unico europeo, assieme all’art. 114 del TFEU (Treaty On The Functioning Of The European Union).
E dunque la bozza, che dovrà ancora essere discussa dal parlamento, potrebbe non essere approvata?
La Commissione Ambiente ha consultato gli altri DG, tra cui quello del Mercato Interno, che hanno dato l’ok. Però, è un argomento su cui ci sarà da dibattere. Non è da escludersi, certo. Però, adesso, per come la direttiva è stata costruita, è impossibile che possano intraprendere quello che dicono, soprattutto derogare all’art. 18 sulla base dell’armonizzazione del mercato unico.
E quindi si tratterebbe di rimandare la discussione sui sacchetti ad un momento successivo alla revisione della Direttiva Imballaggi?
Questo si vedrà durante il processo parlamentare. La questione del mercato unico interessa più ai parlamentari che agli Stati membri, a cui invece piace avere la direttiva come è ora, che lascia decidere agli Stati le azioni da intraprendere. La direttiva ora non dà degli impegni precisi agli Stati membri: prevede norme e obiettivi, ma dà agli Stati il diritto di scegliere come raggiungerle, cosa che a loro fa molto comodo. La questione è ben diversa dal punto di vista del Parlamento. Conoscendo un po’ il gioco che esiste tra il Parlamento e il Consiglio, ci sarà da discutere su questo tema. So che anche altre organizzazioni, non la nostra per il momento, hanno scritto al Commissario del Mercato interno proprio per spiegare questo problema della base legale, e chiedere alla Commissione di riflettere bene sulla proposta di Potocnik.
Ma di che tempi stiamo parlando? Quando pensa che sarà discussa la proposta di direttiva sui sacchetti?
Le date ancora non sono state fissate, ma sarà scuramente prima delle elezioni del Parlamento Europeo, a maggio 2014, perché se la proposta viene fatta sotto questo parlamento e poi non c’è una decisione prima delle elezioni, bisogna fare una nuova proposta. Oltretutto questa è una questione che sta molto a cuore al Commissario Potocnik, quindi cercherà sicuramente di raggiungere un risultato prima delle elezioni europee.
European Bioplastics sostiene che l’oggetto della direttiva riguardi anche i compostabili. In Italia la notizia è stata letta invece come una vittoria da parte dei sostenitori della bioplastica…
La direttiva riguarda tutti i sacchi. Il focus della nuova proposta è sullo spessore, e non sul materiale. L’art. 3 al nuovo punto 2a fa riferimento al regolamento della Commissione n.10 del 2011, e i sacchi biodegradabili vengono trattati esattamente come tutti gli altri.
Se la direttiva europea venisse approvata così com’è ora, pur con tutto il tempo che ci vorrà per farlo, il bando italiano – che deroga completamente i sacchi compostabili – e prevedeva un sistema di spessori diverso, differenziato per tipologia di sacco, dovrebbe adeguarsi a quello europeo o verrebbe considerato comunque valido perché va nella stessa direzione?
Se fosse così sì, l’Italia dovrebbe adeguarsi al testo della direttiva, che non esonera i biodegradabili, e prevede spessori diversi. Ma ripeto, questa è solo una proposta, che non è diventata ancora direttiva. La direttiva Imballaggi che abbiamo adesso rimane ancora in vigore con gli stessi contenuti finché non sarà presa una decisione sulla nuova proposta. Da questo punto di vista, la procedura che è stata iniziata dall’Italia presenta due problemi: prima di tutto, la Commissione non ha rilasciato alcun parere perché l’Italia aveva già fatto entrare in vigore il decreto prima dei tempi previsti. Le regole della Commissione sono queste: quando uno Stato membro applica un decreto prima che la Commissione si esprima, la Commissione non può più dare un parere, se il decreto è già in vigore, e per questo motivo il caso è passato dalla DG Imprese alla DG Ambiente. E’ chiaro che ora la discussione sulla bozza di direttiva ha complicato tutto… Secondo problema: gli Stati membri che hanno rilasciato il parere dettagliato sul bando italiano aspettano una risposta. Dal punto di vista legale, finché la nuova direttiva Imballaggi non sarà in atto con la deroga art.18, la procedura è ancora valida. La bozza italiana non deve entrare in vigore fino a quando la procedura con la Commissione non sarà conclusa. Mentre la discussione sulla direttiva è in atto, sarebbe giusto aspettare per vedere la fine delle discussione n Europa, per poi avere una legge conforme alla nuova direttiva europea.
A livello operativo, se non ci fosse di mezzo questa proposta di direttiva, l’Italia dovrebbe rispondere alle osservazioni di Olanda e Inghilterra, presentarle alla Commissione Europea ed arrivare a un testo approvato da tutti gli Stati membri?
Sì, certo. Da regolamento, l’Italia dovrebbe mandare le sue risposte alle obiezioni sollevate dagli Stati membri alla Commissione; se per gli Stati membri tali risposte sono soddisfacenti, a loro volta danno l’ok alla Commissione e la procedura finisce lì. Altrimenti la discussione continua.
In ogni caso, finché la discussione sulla nuova bozza di direttiva europea non viene portata a termine dal Parlamento, il bando italiano non può entrare in vigore, giusto?
Esatto. Sarebbe poco corretto anche nei confronti del mercato, dei produttori, sia quelli tradizionali che bio, fare una nuova legge e poi tra otto mesi cambiarla di nuovo per adeguarla alla direttiva europea. La cosa più sensata sarebbe rimanere con le leggi attuali finché la direttiva non viene approvata. Anche perché non sappiamo ancora quale sarà il testo definitivo. Per adesso c’è solo questa proposta, ma può cambiare.