Smog: “La Pianura Padana non rientrerà nei limiti di legge prima di 10 anni” | Intervista a Ennio Cadum
L’AEA pubblica l’ennesimo rapporto sullo smog in cui la Pianura Padana è la macchia più nera d’Europa. L’epidemiologo di Arpa Piemonte Ennio Cadum: “Non rientreremo nei limiti - di legge e non di tutela della salute! - prima di 10 anni. L’Italia non ha mai avuto un piano anti smog nazionale, la lotta allo smog la fanno i Comuni".
01 July, 2014
Quanto ci vorrà perché l’Italia rientri nei limiti di legge per lo smog?
Dipende dalla zona, ma senza dubbio la Pianura Padana è la più lontana in assoluto dal traguardo, in Italia senz’altro, ma forse anche in Europa. Se andiamo a vedere nelle serie storiche, analizzando come sono calati i livelli di concentrazione degli inquinanti nella Pianura Padana negli ultimi venti o trent’anni, si può ipotizzare che non arriveremo a rispettare i valori richiesti dall’Unione Europea prima di una decina d’anni. Come minimo. Questo per quanto riguarda il Pm10. Per il Pm2.5 i tempi saranno anche un po’ più lunghi.
Dieci anni, facendo cosa, però?
Mantenendo gli investimenti di tipo strutturale fatti fino ad ora, e anzi accrescerli. Andrebbe sicuramente aumentata la percentuale di edifici teleriscaldati – ed è giusto ricordare che Torino in questo detiene il record nazionale; andrebbe introdotta una normativa più restrittiva sull’uso delle stufe a legna, che sono molto diffuse al di fuori dell’ambito cittadino, e in assenza di regolamenti severi cominciano a creare un vero problema…
Sono più urgenti questi interventi di quelli volti a limitare il traffico?
Tutto è importante. Ma per quanto concerne il traffico, direi che ad oggi siamo arrivati praticamente al limite delle azioni che possono essere intraprese, per come sono state concepite finora. In tutte le città sono state riservate delle aree pedonali, sono state imposte limitazioni ai veicoli più inquinanti, viene favorito il ricambio generazionale dei motori… E sono queste sono le azioni più incisive. Per questo si cerca di concentrare l’azione anche su altri fronti, diverse dal traffico, e cioè le combustioni e i processi industriali.
Sperimentare davvero le città ai 30 all'ora non potrebbe essere un provvedimento efficace?
Le zone 30 determinano una circolazione rallentata con un basso numero di giri del motore, e di conseguenza anche minori emissioni. Questo va bene a patto che non si determini un intasamento del traffico, perché il motore acceso a macchina praticamente ferma ci porta proprio nella direzione opposta a quella auspicata. Il minor livello di emissioni complessivo si ha ad andatura costante e velocità medio-bassa: un flusso di traffico scorrevole che si muova ad una velocità compresa tra i 40 e i 60 km/h è quello che presenta il minor impatto emissivo. All’interno delle città andrebbe favorita una regolamentazione del traffico basata su un sistema semaforico intelligente, che eviti gli stop frequenti. Ma il problema è questo: che le auto sono troppe, e dunque qualunque sistema si applichi, la circolazione si ingolfa sempre molto in fretta.
L’Italia è fuori legge praticamente da quando i limiti degli inquinanti sono entrati in vigore. Come è possibile che non siano mai arrivate sanzioni?
Perché fino ad oggi l’Italia è sempre riuscita a dimostrare che le azioni che potevano essere messe in campo erano state intraprese a livello locale. E da un certo punto di vista è vero: aree pedonali, zone a traffico limitato, bus ecologici in centro, teleriscaldamento… in tutte le città più inquinate d’Italia è comunque visibile lo sforzo per limitare i danni. E questa è una delle discriminanti su cui si basa la Commissione per decidere sul sanzionamento. Gli sforamenti italiani sono sempre stati attribuiti a ragioni climatiche, che per altro è vero: la Pianura Padana è un catino dove non c’è aria, la circolazione dei venti è troppo debole perché possa spazzar via gli inquinanti. Così tutto quel che viene immesso in atmosfera, vi rimane. Un conglomerato come Parigi, da 10 milioni di abitanti, ha un livello di emissioni pari a quello di tutte le città della Pianura Padana messe insieme, ma le concentrazioni degli inquinanti sono un terzo delle nostre, grazie al vento che soffia dall’Oceano. Insomma, un po’ per le azioni intraprese dai Comuni, un po’ perché l’Italia non può buttare giù le Alpi, la nostra condizione ci ha sempre evitato il sanzionamento.
I Genitori Antismog assieme a diverse associazioni ambientaliste hanno chiesto al governo Renzi di approfittare del semestre europeo per proporre una politica per la qualità dell'aria più rigorosa e soprattutto per rendere più severi gli attuali limiti di concentrazione per gli inquinanti, come richiesto dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità. L’abbassamento delle soglie di tolleranza potrebbe portare qualche cambiamento concreto, o continueremmo ad essere fuori legge domani come oggi, senza differenze tangibili?
No, no, ci sono ampi margini di miglioramento, senza dubbio: intanto bisogna ricordare che i limiti in vigore per l’Unione Europea sono stati stabiliti sulla base di ciò che ragionevolmente potevano raggiungere gli Stati, e non sono limiti di tutela della salute, come invece quelli dell’OMS, che infatti sono circa la metà. (La media annuale per il Pm10 è 40 mcg/m3 per l’UE, ma perché non vi siano rischi per la salute la soglia fissata dall’OMS è 20). Il problema è che noi non abbiamo – e non abbiamo mai avuto - un piano nazionale ben strutturato. Chi ha fatto di più sono stati i Comuni, ma a livello nazionale l’Italia non ha mai programmato con largo anticipo gli interventi da mettere in campo contro lo smog, non si è mai data degli obiettivi su cui fondare le azioni. Si è sempre improvvisato con situazioni più o meno temporanee. Concordo con Genitori Antismog: la Pianura Padana è l’area più inquinata d’Europa ed è giusto che sia l’Italia a lanciare una politica seria a lungo termine su questo fronte, vista la gravità delle conseguenze sulla salute.
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