Bando dei sacchetti in Francia, come si mette per i bio-compostabili?
Christophe Doukhi- de Boissoudy, Presidente del Club Bioplastiques e General Manager di Novamont France ci racconta cosa sta succedendo dopo la proposta di bando per i sacchetti di plastica monouso avanzata da Ségolène Royal in una Francia dove il compostaggio non è ancora diffuso a livello nazionale
18 July, 2014
Il Governo Francese sta discutendo la possibilità di mettere al bando i sacchetti di plastica monouso a partire dal 1° gennaio 2016. La proposta di legge, voluta dalla Ministra all’Ambiente Ségolène Royal, prevede che alle casse possano essere forniti solo sporte riutilizzabili o sacchetti di carta, e che i sacchettini di plastica per gli alimenti freschi (ortofrutta, formaggi etc) siano sostituiti con bioplastica compostabile. E’ una soluzione ragionevole?
E’ perfettamente ragionevole. La Francia ha già una lunga storia di tentativi alle spalle. La prima legge che provava a mettere al bando i sacchetti di plastica monouso venne presentata a gennaio del 2006, ma all’epoca venne bocciata dalla Commissione Europea. Si ritentò nel 2010 con una seconda legge che non prevedeva nessun bando ma una tassazione su tutti i prodotti considerati inquinanti. L’entrata in vigore del provvedimento venne posticipata al 2012 e nuovamente al 2014, cosa che non è accaduta. Per questo motivo la nostra Ministra dell’Ambiente Ségoléne Royal ha deciso di rimettere mano alla proposta sviluppandola in un vero e proprio progetto che tiene conto di tanti aspetti, non esclusivamente quello ambientale.
L’industria della plastica però ha criticato duramente la proposta, sostenendo che l’assenza di una filiera del compostaggio vanifichi il senso della sostituzione plastica-bioplastica.
Intanto bisogna dire che, per quanto non sia ancora diffuso su tutto il territorio, il compostaggio in Francia esiste, e ci sono già diversi comuni che raccolgono l’umido separatamente, per poi trattarlo negli appositi impianti e produrre compost di ottima qualità. Esiste anche una rete di municipalità, compostplus (compostplus.org). (NdR: secondo l’archivio di Compost Plus, in Francia esistono 94 comuni che effettuano la raccolta differenziata dell’organico, 21 che possiedono impianti di trattamento e altri 28 che raccolgono l’umido e lo trasformano in compost direttamente in loco, come Lorient, Brest, Libourne, Montpellier… ). Insomma, gli esempi virtuosi ci sono eccome, e sono in crescita, anche se al momento manca ancora un orientamento nazionale unico sul tema, ma si tratta senz’altro di un processo in divenire.
I sacchetti biodegradabili e compostabili ad oggi che fine fanno in Francia?
Dove è presente la raccolta dell’umido ovviamente vengono compostati, altrimenti si gettano assieme all’indifferenziato, dove vengono inceneriti o smaltiti nelle discariche ancora esistenti. Non è questa la destinazione per cui sono nati, ma sono sacchetti che hanno comunque un impatto ambientale decisamente inferiore alla plastica, e soprat tutto se finiscoano dispersi nell’ambiente.
Per approvare una legge sui sacchetti l’Italia ha attraversato sette anni densi di polemiche e battaglie legali. In Francia capiterà lo stesso?
Anche la Francia ha faticato molto per arrivare a questa proposta, se pensiamo ai ritardi di cui parlavo prima. Però, rispetto alla situazione italiana c’è una differenza importante: il mercato dei sacchetti di plastica in Italia non era in crisi quando si cominciò a parlare del bando. In Francia la mentalità stava già cambiando, erano state fatte diverse campagne di sensibilizzazione ambientale e la riduzione del consumo di shopper era già in atto da molto tempo, e con numeri incredibilmente alti. Secondo i dati della Grande distribuzione, nel 2003 il volume di sacchetti smerciati toccava i 15 miliardi: oggi siamo a meno di 1 miliardo. E questa è una differenza importante.
Un’altra critica che viene mossa alla proposta della Ministra Royal riguarda le conseguenze occupazionali del bando. Secondo la Fédération de la Plasturgie et des Composites se la legge verrà approvata si perderanno 3.000 posti di lavoro.
E’ falso. A parte che al massimo potrebbero essere 300, ma non è vero nemmeno questo. La ragione per cui ritengo che il progetto sia molto intelligente e lungimirante è che rappresenta un ottimo esempio di “ri-localizzazione” del made in France, in controtendenza rispetto alla delocalizzazione imperante. Mi spiego: ad oggi il 70-80% dei sacchetti distribuiti nel nostro Paese viene dall’Asia. La percentuale cresce ancora di più se consideriamo i sacchettini per gli alimenti e per l’ortofrutta, dove l’importazione sale al 98%. La sostituzione di questi ultimi con prodotti compostabili permetterà di riportare queste quote all’interno dell’economia nazionale, creando nuovi posti di lavoro.
Crede che la bioplastica conquisterà nuovi terreni dopo i sacchetti monouso in Francia?
Ne sono sicuro. La bioplastica ha grandissime potenzialità applicative e porterà con sé uno sviluppo della raccolta dell’organico che a sua volta genererà un circolo virtuoso, che permetterà di valorizzare nuove risorse, come i biogas. Il sacchetto è stato il primo campo di battaglia anche perché è il più emblematico. C’è già molta consapevolezza attorno ai problemi creati dai rifiuti plastici e fin quasi una demonizzazione del materiale, che di per sé non la merita. Ma le conseguenze dei sacchetti di plastica dispersi nell’ambiente sono sotto gli occhi di tutti, e sono sicuro che si continuerà a investire nella ricerca di materiali ecologici da utilizzare nei campi più disparati, che garantiscano un impatto ambientale molto più leggero.