Lo Sblocca Italia e gli inceneritori. Ciafani: "Ecco i veri pericoli nascosti nell'articolo 35"
Per il vicepresidente di Legambiente Stefano Ciafani "è imbarazzante che Renzi continui a promuovere una tecnologia del '900, ma il comma 1 dello Sblocca Italia è uno specchietto per le allodole. Non crediamo ci siano nel Paese le condizioni per l'apertura di nuovi inceneritori. Il vero problema è la possibilità data agli impianti esistenti di bruciare di più"
17 October, 2014
Legambiente è tra le associazioni che hanno seguito fin dall'inizio l'iter del decreto Sblocca Italia voluto dal governo Renzi, dapprima avanzando un vero e proprio contro-decreto (attraverso il dossier Sblocca Futuro, che individua 101 cantieri fermi che gravano sulla vivibilità del Paese), e poi bollando l'articolo 35 del provvedimento come "sblocca inceneritori". Ne abbiamo parlato con il vicepresidente dell'associazione, Stefano Ciafani.
"E' imbarazzante che Renzi continui a promuovere una tecnologia del '900 come quella dell'incenerimento -sottolinea Ciafani-. Il comma 1 dell'articolo 35 dello Sblocca Italia è comunque uno specchietto per le allodole. Non crediamo ci sia un rischio reale di apertura di nuovi impianti di incenerimento. Da un lato perché non ci sono soldi, dall'altro perché non ci sono i rifiuti per alimentarli. La logica novecentesca di Renzi vorrebbe far credere che ci sia ancora una carenza impiantistica al Sud Italia da colmare. Ma così non è. Dal Lazio alla Calabria, passando per Acerra in Campania dove è stato costruito il terzo inceneritore più grande d'Italia e da Manfredonia in Puglia dove recentemente Vendola ha fatto costruire un impianto al Gruppo Marcegaglia, il panorama impiantistico è saturo. Non servono nuovi inceneritori".
Per quanto sbagliato, dunque, per Legambiente il comma 1 del decreto non desta reali preoccupazioni. Piuttosto, per Ciafani, "il vero problema sta nel comma 3 del nuovo articolo 35, laddove viene previsto che gli impianti esistenti possano bruciare più di quanto autorizzato in origine. Il decreto nega inoltre il principio di prossimità, facilitando il trasferimento di rifiuti da una regione all'altra. Intendiamoci, non è che i rifiuti del Lazio o della Calabria siano diversi da quelli del resto d'Italia, ma il punto è che i rifiuti devono muoversi il meno possibile e ogni territorio dovrebbe arrivare ad essere autosufficiente nella gestione dei propri rifiuti".
Che cosa avrebbe avuto senso "sbloccare" per Legambiente? "Per il Centro-Sud bisognerebbe immaginare uno 'sblocca impianti per l'organico'. Ad oggi, infatti, degli attuali circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti organici, soltanto 250 mila sono trattati in loco da digestori anaerobici e circa 3 milioni avviati a compostaggio. Ma circa 2 milioni di tonnellate vengono ancora conferite in discarica o portate nel Nord del Paese, un'assurdità dal punto di vista sia ambientale che economico".