Raccolte incentivate: fenomeno che solletica sempre più l'attenzione
Un'analisi sulle speciali macchinette che, per ogni bottiglia di plastica o lattina di alluminio conferita, rilasciano degli sconti o buoni spesa al cittadino
01 July, 2015
Il fenomeno delle “raccolte incentivate” solletica sempre più l’attenzione: speciali macchine (le c.d. “mangiabottiglie”) che rilasciano al cittadino un buono spesa o altre forme di sconto, dalla TARI ai parcheggi comunali, fino agli skipass, per ogni bottiglia di plastica o lattina di alluminio inserita.
Il fenomeno è molto ben avviato in diversi paesi europei, soprattutto in quelli dove è funzionale alla restituzione degli imballaggi cauzionati, come la Germania, anche se in questi casi la “macchina” più che distribuire incentivi per il comportamento virtuoso evita al cittadino la perdita secca della cauzione (spesso relativamente ingente) versata al momento dell’acquisto del bene imballato. mentre in Italia, al di là appunto di una forte curiosità e di innumerevoli micro-circuiti creati dai soggetti più disparati e nelle forme più fantasiose, il fenomeno stenta in realtà a decollare.
Abbiamo provato a capire un po’ cosa in effetti succede nel nostro paese in questo campo, usando molto internet ma cercando anche l’aiuto diretto di alcuni protagonisti che, a diverso titolo, in o intorno a questo variegato mondo si muovono. Ognuno ci ha fornito possibili chiavi di lettura e squarci di “vita vissuta”, dopodiché è toccato a noi rimontare i tasselli parziali per avere un minimo di visione d’insieme che qui proviamo a presentare in una prima sintesi.
La prima cosa che salta all’occhio è proprio l’eterogeneità dei soggetti che intraprendono iniziative in questo campo e le diverse finalità che li animano: dal produttore di “macchinette” che cerca mercato al venditore di spazi pubblicitari che “scopre” un nuovo mezzo su cui piazzare pubblicità, dal riciclatore che vuole costituirsi un proprio canale autonomo di approvvigionamento al punto vendita della GDO che mira ad un immagine più green, dal privato un po’ sprovveduto che pensa di aver trovato un nuovo business al professionista dei sistemi di incentivazione a punti per la GDO, dal marchio di bevande che vuole dimostrare che la “sua” bottiglia si ricicla in un processo premiante ed esteticamente accattivante per il consumatore all’assessore che vuole fare qualcosa di visibile per dimostrarsi sensibile ed attivo nella raccolta differenziata . Tutte queste differenze di situazioni determinano in realtà approcci diversi tra loro, anche se magari l’”hardware” utilizzo è il medesimo, a cominciare dalla prima grande divisione tra chi punta a gestire in autonomia il materiale raccolto per valorizzarlo e chi invece punta a far rientrare l’attività nell’ambito del servizio pubblico e, quindi, a conferire a quest’ultimo il materiale.
Abbiamo poi capito che, anche se nessuno ne parla esplicitamente e anzi sull’argomento tutti tendono a glissare, i volenterosi che si incamminano su questa strada devono fare i conti con potenziali problemi normativi: laddove la “macchinetta” non è in qualche modo fatta rientrare nell’ambito del servizio pubblico di raccolta, si aprono interrogativi rispetto alla privativa comunale sulla raccolta dei rifiuti urbani e agli obblighi autorizzativi previsti dalla normativa sui rifiuti.
C’è infine l’aspetto della sostenibilità economica, difficile da valutare perché di fatto manca una grande “area test” in cui un sistema unico operi raggiungendo le economie di scala necessarie. Resta il fatto che 1kg di bottiglie in plastica equivale a poco più di 40 bottiglie, in una 1 tonnellata ce ne sono quindi tra le 40 e le 50.000 (un volume pazzesco dato il basso peso specifico!) e valgono circa 350€. Le stime sulla “produttività”annuale delle “macchinette” oscillano molto, anche per l’evidente interesse di chi le propone a gonfiare un po’ i numeri, ma si può stimare che si vada dalle 4/5 tonnellate anno per i modelli più piccoli e ubicati in location più svantaggiate aille 12/15 di quelle più grandi e meglio posizionate. Da ciò si deduce che il “fatturato” annuo potenziale per chi puntasse a fare business con la sola cessione del materiale (cosa per altronon semplicissima se non si raggiungono masse critiche compatibili con le esigenze del mercato del riciclo a valle)i potrebbe oscillare tra i 2.000 Euro scarsi ai 6/7.000 per ogni macchina installata. A fronte di questi incassi, bisogna mettere in conto l’ammortamento della macchina e quelli per la sua manutenzione (si va da apparecchiature che costano 3.000 a 30.000 Euro, ovviamente con prestazioni e caratteristiche differenti) e quelli per la logistica degli svuotamenti, oltre, ma per questi in genere interviene qualcun altro, ai buoni sconto incentivanti per i cittadini. Con questi dati, si capisce almeno in che spazio di sostenibilità ci si muove, ma ovviamente, come detto, la scala del circuito può cambiare drasticamente gli equilibri. Altro discorso ancora, inutile dirlo, se intervine il “pubblico”, magari finanziando l’acquisto delle macchine e facendo entrare il materiale nel circuito dell’Accordo-Quadro ANCI-CONAI:
Indubbiamente l’idea di questa modalità di raccolta piace molto perché dà un ritorno immediato e diretto al cittadino, premiandone il comportamento virtuoso, e andando di fatto a costituire una sorta di “boutique del riciclo”, che alletta ad esempio molto i grandi marchi dell’alimentare e del bevande, che vorrebbero una “raccolta differenziata a prova di marketing”, lontana dall’immagine spesso non proprio edificante (e profumata!) che emana dai normali contenitori della r.d.. D’altro canto un loro impegno massiccio in questo campo comporterebbe investimenti elevatissimi e una sovrapposizione (per loro anche di costi) con l’attuale “Sistema CONAI”.
Sempre partendo dall’idea di “boutique del riciclo”, c’è infine un’ultima osservazione da fare a conclusione di questa prima “incursione” in una realtà innovativa: praticamente nessuno pensa di poter sostituire integralmente con le “macchinette” l’attuale raccolta differenziata, sia per i quantitativi in gioco ormai enormi, sia per i costi che per l’eterogeneità dei materiali oggetto di raccolta differenziata. La percezione comune è che si tratti di un’opportunità che, tutt’al più può affiancarsi ed integrare la normale raccolta. Tuttavia il fattore incentivante e l’indubbio maggiore appeal estetico delle “macchinette”, potrebbero indurre i cittadini a svalutare la raccolta differenziata attuale, minandone anche la credibilità rispetto all’effettivo avvio a riciclo. E’ questo un rischio sicuramente da evitare.