La risposta di Bike Pride Fiab Torino a chi crede che le strade insicure siano un male necessario
Improvvisazione, malafede e interventi spot. A dispetto di quanto viene riportato sui giornali di modi per rendere le strade sicure ne esistono, e molti
21 July, 2015
Com’è la situazione delle strade a Torino? Non molto felice a giudicare dalla cronaca nera. Incidenti, morti, sosta selvaggia. Sembra che sostanzialmente la mobilità della Città sia lasciata al caso.
A dispetto di quanto viene riportato sui giornali - si veda l'articolo di oggi, martedì 21 luglio, su La Stampa, dal titolo “Se attraversare è una lotteria, ecco le “strisce” più pericolose”, che non fa che gettare acqua sul fuoco e dare un'informazione di parte come sempre a favore di un uso smodato dell’auto -, di modi per rendere le strade sicure ne esistono, e molti.
Riduzione della velocità, delle dimensioni delle carreggiate, creazione di vincoli (chicane, strettoie, ecc.), o da ultimo l’introduzione di dossi e bande rumorose. Sono tutte tecniche che sono ampiamente applicate in altre città e nel resto d’Europa da decenni. Con ottimi risultati.
Tuttavia, sebbene l’Amministrazione a parole sembra farsi promotrice dei principi della Mobilità Nuova, nei fatti nessuno, a partire dai tecnici, vuole fare il minimo intervento, con la scusa delle scarse risorse, per capovolgere il paradigma imperante: prima di tutto velocità e scorrevolezza per le auto. Se poi, per dare vantaggio all’unico mezzo di trasporto difeso e sostenuto, ogni tanto ci scappa un morto, ci si deve mettere il cuore in pace.
Che agli automobilisti sia concesso di infrangere il codice della strada, lo sanno bene le centinaia di persone che approfittano impunemente di una situazione di lassismo dilagante: parcheggiare in doppia fila, sui marciapiedi, sulle ciclabili, nelle aree pedonali sembra lo sport cittadino, con il beneplacito dei civic che ogni volta messi di fronte alla realtà delle cose allargano le braccia, come non dipendesse da loro, a far intuire che gli ordini dall'alto siano di lasciare correre, d'altronde per i politici il consenso viene prima della sicurezza dei cittadini.
Ma come si sa una violazione tira l’altra e dalla malasosta al passare con il rosso, andare contro mano, non dare precedenza è un attimo, salvo poi gridare alla tragedia quando qualche pedone irresponsabile si fa ammazzare rovinando le statistiche comunali.
Cambiare si può, ed evidentemente si deve, ma per farlo occorre ripensare la mobilità, mettendo al centro della progettazione le persone (e non le auto), facendo della sicurezza (e non della fluidità) il paradigma fondamentale. Certo serve uno sforzo da parte di tecnici fossilizzati su abitudini di progettazione superate e serve una visione politica (totalmente assente) da parte degli amministratori, ma è possibile.
In caso contrario continueremo a fare la conta dei morti, fingendo che siano un male necessario, quando in realtà sono solo il prodotto di ignoranza e supponenza da parte di chi decide della nostra mobilità.
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(Foto di Corso Vercelli via Google Street)