I diari della SUDifferenza, #7. Analisi di una fobia…da cassonetto!
Settima pagina del diario di Rossana Melito da Reggio Calabria. Questa volta viene posto l'accento sui “cassonettofobici” e sulle numerose micro discariche disseminate su tutto il territorio calabrese
22 September, 2015
di Rossana Melito
La differenziata procede e migliora, questo da quanto emerge dai dati a nostra disposizione, che mostrano una raccolta differenziata che supera ormai il 20% (risultato mai raggiunto prima a Reggio Calabria). Fa un certo effetto far parte e aver contribuito nel mio piccolo a tutto questo. Si, all’inizio sembrava tutto più bello e semplice, ma ho scoperto in corso d’opera che, come in molte cose, la strada verso il raggiungimento di uno scopo non è mai dritta e senza qualche intoppo. Ultimamente tra i miei colleghi ci ripetiamo che questa è una città difficile, particolare. Si perché alcune cose non si spiegano, come gli attacchi continui verso di noi, gestori del servizio, a cui si imputano giornalmente le problematiche di un’intera città. Piove e se si allagano le strade è colpa di AVR (che ha in gestione solo 1.200 caditoie su 14.000 circa presenti in città), la stessa cosa succede se ci sono cestini rotti o vandalizzati, o quando si scopre qualche micro discarica abusiva. Insomma in ogni occasione in cui c’è qualcosa che non va, i cittadini di Reggio, quasi di riflesso, la imputano al gestore dei rifiuti, senza mai considerare che a compiere gli scempi sono spesso altri cittadini come loro.
Una delle cose che non capisco è come mai molti cittadini di Reggio preferiscano usare la denuncia indignata su social network e giornali piuttosto che adoperarsi per le vie opportune ed efficaci, ad esempio segnalando il problema al numero verde che c’è e serve per questo. Ci si lamenta comunque e verso chiunque, anche quando la responsabilità andrebbe cercata altrove. A volte penso che sia un problema di superficialità, una sorta di inconsapevolezza con cui molti dei cittadini di Reggio agiscono, come quella signora che ho visto l’altra sera mentre poggiava un sacchetto di spazzatura di lato al cassonetto invece che dentro i tre cassonetti a disposizione. Avrei voluto urlarle, invece mi sono trattenuta, ho sorriso e con garbo le ho chiesto: Signora, ma perché deve gettare il suo sacchetto di lato al cassonetto e non dentro? Era imbarazzata, perché colta in flagrante, ma non per questo si è scoraggiata. Mi ha risposto infatti che anche altri prima di lei lo avevano fatto (in effetti vi erano due scatoloni gettati lateralmente ad uno dei cassonetti) e che quindi io avrei dovuto dirlo anche a loro… Ma io lo farei davvero. Starei 24h su 24 a dire queste cose, inizierei anche una serie di studi seri a carattere scientifico/antropologico su questo tipo di individui cassonettofobici, perché davvero non li capisco. Forse siamo talmente abituati a vedere cumuli e cumuli di spazzatura da non concepire la stessa possibilità di utilizzare i nuovi cassonetti? Eh lo so, è difficile cambiare abitudini. Ma se il cambiamento può portare un miglioramento non vale la pena provarci?
Non li capisco proprio i miei concittadini. Questa città è piena dei cosiddetti “esperti ambientali” che passano il loro tempo sul web a lamentarsi e accusare le istituzioni, ma nessuno tra questi dice niente ai cittadini che sporcano, (vedi signora). Mi chiedo se qualcun altro al mio posto avrebbe fermato quella signora per dirle qualcosa, come si fa con i bambini: “Non si fa, non si sporca, rimetti a posto”. Mi chiedo se non sarebbe più giusto, invece che creare veri e propri polveroni mediatici su piccole questioni come quella del topo morto trovato vicino ad un cassonetto, curarsi piuttosto delle centinaia di discariche dismesse in giro per la Provincia di Reggio Calabria ed in tutta la Regione Calabria. Non crediate, mi ci metto anche io nel mezzo, lo ammetto, dopo anni di studio e dopo aver vissuto questi luoghi, non mi sono mai fermata a pensare, nonostante le voci, alle vecchie discariche disseminate qua e là. Mi ci ha fatto ragionare l’altro giorno un mio collega, mentre stavamo facendo un giro in macchina, in un comune in cui gestiamo il servizio di igiene urbana. Parlando di cose di lavoro, mi ha informata che in passato in ogni singolo Comune, piccolo o grande, vi era una discarica e che dal ’90 con il nuovo piano di gestione regionale, sono “andate in pensione” perché poco sicure (ci sversavano rifiuti senza pretrattamento) e non necessarie.
Mi son detta, Rossana, come hai fatto a non interessartene prima? Eppure è una di quelle questioni che la mia mente definisce “urgenti”, perché vi sono stati e vi possono essere veri rischi per la salute. E inoltre credo sia sempre utile indagare tutto quello che vi è dentro la gestione di una discarica. E mi son ritrovata a pensare tra me e me, che forse non interessa davvero dove vanno a finire i nostri rifiuti, se viviamo, respiriamo, mangiamo veleni che noi stessi, con la nostra superficialità, abbiamo permesso si diffondessero nella nostra terra. Ha ragione mia madre quando mi racconta che in passato era tutto più curato, ognuno si prendeva a cuore il proprio “bizzolo” (quella parte antistante all'uscio di casa), e tante volte l’ho visto fare a mia nonna. Adesso invece ci chiudiamo dentro casa, davanti al pc, e lasciamo i problemi fuori a qualcun altro. Mi son chiesta se tutti questi ragionamenti e domande, se questo interesse sia solo mio, se il tutto scaturisce solo dal fatto che io ci lavoro nella “monnezza”, mentre gli altri no. Forse gli altri non sanno, forse ognuno si preoccupa solo di quel che vede e di ciò che sa. Ma il punto è che finché guarderemo solo fino al topo vicino al cassonetto sotto casa, non potremo mai conoscere realmente il nostro territorio e le sue problematiche per poterle indagare, e di conseguenza non potremo discutere intelligentemente per trovare delle soluzioni.
Per quel che mi riguarda, prometto che mi e vi informerò meglio sulla questione delle ex discariche. Chissà che, oltre al lavoro mio in azienda, io possa allargare le mie conoscenze e quelle di qualcun altro e dare un contributo per trasformare questa emergenza rifiuti, in un settore da cui poter ripartire per riprogrammare e normalizzare per quel che si può questa città e questa regione.