Sanitation Daily, da Torino ad Addis Abeba un progetto per la gestione dei rifiuti solidi urbani e delle acque reflue
Il fine del progetto è quello di sviluppare una proposta tecnologica innovativa che comporti minore sforzo fisico e risultati costo-efficienti nella raccolta dei rifiuti all’interno delle tre baraccopoli
11 January, 2016
Nel mese di novembre, Hydroaid - associazione no-profit con sede a Torino dedita alla formazione nell’ambito delle risorse idriche e della sanitation – ha svolto una missione tecnica a Addis Abeba, Etiopia, finalizzata a realizzare attività di ricerca in tre baraccopoli della capitale nelle circoscrizioni di Addis Ketema, Kirkos e Lideta.
L’attività condotta da Hydroaid, si inserisce nel contesto di “Sanitation Daily”, un progetto di durata quinquennale, diretto dalla ONG Amref Health Africa e finanziato dall’Unione Europea.
Istituita come African Medical and Research Foundation nel 1957, Amref è la più grande organizzazione sanitaria non-governativa africana, con sede centrale in Kenya e 12 sedi distaccate in Africa, Europa, Canada e Stati Uniti. Attualmente Amref opera in 26 Paesi dell’Africa Subsahariana con 172 progetti incentrati sui temi della tutela di madri e bambini, lotta alle malattie endemiche, rafforzamento dei servizi sanitari pubblici, accesso all'acqua potabile e formazione di operatori sanitari locali.
Il progetto “Sanitation Daily” è incentrato sulla facilitazione dell’accesso ai servizi di igiene e sul miglioramento della gestione dei rifiuti solidi e delle acque reflue in ambito urbano. Proprio all’interno di quest’ultima tematica si inserisce l’attività di Hydroaid condotta da Agata Fortunato, responsabile dell’Ufficio Ciclo Integrato dei Rifiuti presso la Città Metropolitana di Torino, e Chiara Brunisso, laureata in Economia dell’Ambiente con esperienza di ricerca sul campo in Etiopia.
Il fine ultimo della missione esplorativa di novembre è stato quello di sviluppare una proposta tecnologica innovativa di semplice utilizzo che comporti minore sforzo fisico e risultati costo-efficienti nella raccolta dei rifiuti all’interno delle tre aree target.
Durante l’ispezione dei punti chiave per la gestione dei rifiuti e i sondaggi effettuati sul campo, è stata rilevata una forte contrapposizione tra l’ambiente urbano, con vocazione turistica e commerciale (Addis Abeba è una delle metropoli africane in più rapida espansione, un centro di riferimento per l’Africa sub-sahariana e sede dell’Unione Africana), e le slum, zone residenziali di baraccopoli ad alta densità abitativa sorte a causa dei flussi migratori interni dalla campagna alla capitale.
Le micro-imprese che si occupano della raccolta dei rifiuti urbani sono incaricate, senza distinzioni, di effettuare il servizio nelle zone commerciali e nelle baraccopoli. In quest’ultime, le difficoltà di accesso e gli scarsi mezzi complicano notevolmente la raccolta dei rifiuti dalle utenze domestiche.
Con cadenza bisettimanale, squadre composte 10-12 addetti effettuano l’attività di raccolta in aree che comprendono fino a 1000 nuclei familiari, con una densità media pari a 200-300 famiglie per chilometro quadrato. La raccolta, di tipo indifferenziato, avviene porta a porta. In alcune aree viene operata sul posto una prima selezione dei materiali che potranno essere destinati al mercato del riuso. In altre, la selezione dei rifiuti riutilizzabili si svolge in un secondo momento, a seguito del trasporto dei sacchi – sulle spalle, su carretti spinti manualmente, o in pochi casi su Ape car finanziate dal progetto di Amref – nelle aree di trasferenza intermedia.
Qui avviene una selezione approssimativa, prevalentemente mirata al recupero di bottiglie di plastica (soprattutto, visto il massiccio utilizzo di acqua imbottigliata), vetro, RAEE, metalli e cartone che saranno indirizzati verso la vendita diretta al Merkato, una vasta area commerciale all’aperto – ritenuta la più grande dell’Africa Orientale – che offre impiego a oltre 13.000 persone. Una parte dei materiali differenziati viene accumulata e venduta a multinazionali straniere, per lo più cinesi, per il successivo riciclo.
Oltre che all’acquisizione di informazioni sul sistema di gestione dei rifiuti, l’attenzione della ricerca è stata rivolta alla valutazione delle condizioni di lavoro degli operatori di raccolta. Pur disponendo di un equipaggiamento (minimo) di protezione personale, gli operatori osservati durante il processo di raccolta indossano solamente tute di tela, in parte per le elevate temperature della “stagione secca”. Sono perciò esposti al contatto continuo con polveri, liquidi e metalli, mettendo a serio rischio la proprio salute. La fase di lavoro più usurante, infine, è stata individuata nel trasporto dei sacchi dalle utenze domestiche ai punti di raccolta, in particolare a causa dell’utilizzo di mezzi non motorizzati (come nel caso dei carri a spinta manuale, che richiedono a pieno carico lo sforzo congiunto numerosi operatori). Si rileva quindi la necessità di lavorare per il miglioramento delle condizioni lavorative degli addetti alla raccolta, che attualmente rappresentano una porzione della popolazione svantaggiata non solo a causa dell’esposizione a rischi sanitari, ma anche di salari medio-bassi e della scarsa considerazione sociale.
(Foto di Agata Fortunato)