Consorzi riciclo imballaggi, concorrenza è un bene o un male? Lettera aperta del presidente di Coripet
Giancarlo Longhi, Presidente del consorzio per il recupero delle bottiglie in PET: "Facciamo il punto su quello che è stato detto nel corso di questi mesi, lasciando ciascuno libero di trarre le proprie risposte"
10 February, 2016
Molto è stato detto e scritto in materia di gestione degli imballaggi a seguito del procedimento avviato nel 2014 dall’AGCM nei confronti di CONAI e di COREPLA, conclusosi a settembre 2015 con l’accettazione degli impegni presentati da tali Consorzi a non ostacolare o ritardare ulteriormente l’ingresso sul mercato di sistemi autonomi di gestione degli imballaggi. Negli ultimi sei mesi abbiamo, così, assistito a dichiarazioni con contenuti diametralmente opposti tra i “difensori” dello status quo e del sistema CONAI/COREPLA, descritto come l’unico in grado di tutelare i Comuni e di raggiungere gli obiettivi di legge e i fautori del pluralismo e dell’apertura alle iniziative dei soggetti privati che intendano inserirsi nel mercato della gestione degli imballaggi a fine vita, proprio come avviene nei principali Paesi UE in cui operano più soggetti e si raggiungono più alte performance di riciclo e recupero. La politica in più occasioni ha mostrato un atteggiamento “ondivago”, presa com’è tra istanze di riforma e preoccupazioni di tenuta del sistema complessivo, e, pur avendo manifestato la propria disponibilità ad intervenire, sembra non aver ancora compiutamente maturato una propria linea di intervento, da più parti sollecitato.
Questa è una lettera aperta che cerca di fare il punto su quello che è stato detto nel corso di questi mesi, richiamare i pertinenti riferimenti di legge e lasciare ciascuno libero di trarre le proprie risposte a domande quali: una maggiore concorrenza sarebbe un vantaggio o uno svantaggio per i Comuni, e indirettamente per i cittadini? Gli obiettivi di legge davvero sono raggiunti da CONAI/COREPLA? L’ambiente ci guadagna o ci rimette con la concorrenza tra consorzi? La nostra lettera aperta utilizza l’antica arte greca del sofismo, ovvero il partire da un’ affermazione che sembra vera ma che, in realtà, ad una analisi più attenta ed accurata si rivela infondata. Di seguito, in 7 sofismi, gli elementi per cercare le risposte alle domande che, noi per primi ci siamo posti, perché riguardano noi come cittadini e come operatori di questo settore, perché siamo noi che abbiamo in mano la possibilità di agire attivamente e proteggere, davvero, l’ambiente.
1 i Consorzi autonomi sfruttano i servizi dei Comuni senza pagarli.
I Comuni effettuano – direttamente o per mezzo di soggetti ad hoc - il servizio di raccolta differenziata degli imballaggi e per questo compito ricevono soldi dal CONAI secondo un accordo quadro, detto “Anci-Conai”. Queste somme coprono “i maggiori oneri della raccolta differenziata” (art. 224, comma 3, lett. h, del codice ambiente), ossia i soldi in più che spendono i Comuni per raccogliere in forma differenziata invece che in forma indifferenziata. Se un Consorzio autonomo, per recuperare i propri imballaggi, si avvalesse del servizio di raccolta differenziata comunale, dovrebbe necessariamente pagare il Comune proprio come fanno i consorzi di CONAI. Il Comune stesso infatti, se non fosse pagato, non consegnerebbe il materiale raccolto e quindi il consorzio autonomo non potrebbe operare. Il consorzio autonomo può, ai fini del pagamento, stipulare un accordo con Anci, come ad esempio ha fatto nel 2015 CONIP.
2 i Consorzi autonomi tolgono risorse ai Comuni.
La Raccolta differenziata degli imballaggi non costituisce una fonte di entrata per i Comuni, ma un costo da compensare (“maggiori oneri”). Se un Consorzio autonomo si avvale della raccolta differenziata del Comune deve riconoscere i predetti maggiori oneri (vedi sofismo 1). Se, viceversa, crea una sua rete di raccolta, viene meno il maggiore costo per i Comuni e quindi l’obbligo di compensarli (non utilizzando il servizio di RD comunale, non creo alcun costo). Restano ovviamente salve le ipotesi di compensazioni parziali, previste nel provvedimento ministeriale di riconoscimento del Consorzio autonomo, per l’eventuale quota dei propri imballaggi che finissero “per errore” nella RD comunale.
3 il sistema CONAI/COREPLA è un sistema efficace che raggiunge gli obiettivi di legge.
Ricordiamo che gli obiettivi di legge (fissati nell’ allegato E alla parte IV codice ambiente) per gli imballaggi in plastica sono il 27,5% di riciclo (inteso come produzione di materia prima seconda) e il 60% di recupero complessivo (inteso come riciclo a cui aggiungere il recupero energetico derivato dalla combustione nei termovalorizzatori). Nel 2014 CONAI/COREPLA, su un totale di poco più di 2 milioni di ton. immesse a consumo, a guardare nel dettaglio scopriamo che direttamente (ossia senza sommare l’apporto numerico dei sistemi autonomi e il termovalorizzato autonomamente ed a spese dei Comuni), hanno riciclato solo il 22,4% (466.725 ton.) e recuperato energeticamente solo il 16,7% (349.027 ton.), per un recupero complessivo pari al 39,1% (poco più della metà dell’obbligo di legge del 60%). Dunque, CONAI/COREPLA, pur potendo contare interamente sul CAC, se non sommassero alla loro attività diretta quella svolta dai sistemi autonomi e dai comuni – a costo zero per Conai /Corepla- non raggiungerebbero gli obiettivi di legge. Lo si vede chiaramente dalla tabella (la voce “recupero energetico RSU” indica gli imballaggi in plastica confluiti nella raccolta indifferenziata e termovalorizzati, autonomamente e a proprie spese, dai Comuni)
4 la plastica è un unico materiale. Basta un solo Consorzio (COREPLA) ed un unico Contributo ambientale (CAC) sugli imballaggi in plastica.
Sebbene si parli comunemente di plastica al singolare, come se si trattasse di un unico materiale, in realtà la plastica è una grande famiglia di polimeri. Persino i più diffusi per la produzione di imballaggi (polipropilene - PP, polistirene o polistirolo - PS, polivinilcloruro - PVC , polietilene - PE e polietilentereftalato - PET) hanno caratteristiche meccaniche così differenti tra loro che, per poterli riciclare, è necessario che siano divisi per matrice polimerica (separando il PP dal PET, e così via). Alcune plastiche (biodegradabili e compostabili), poi, seguono persino una filiera completamente diversa (riciclo organico negli impianti di compostaggio o di digestione anaerobica) e non entrano nemmeno nel flusso della plastica. Dunque, così come i metalli sono organizzati in due distinti consorzi, Cial (alluminio) e Ricrea (acciaio), sarebbe ragionevole che, anche per la plastica, potessero esistere più Consorzi (Consorzio del PET, Consorzio del PE, Consorzio delle bioplastiche, etc.). Si ricorda, sul punto, che la normativa europea, prevede la separazione – alla fonte – dei diversi materiali e l’attivazione di raccolte selettive, allo scopo di rendere possibile e incrementare le performance di riciclo (basta vedere la Direttiva imballaggi 94/62/CE, nel XXI° considerando oltre che la Direttiva quadro rifiuti 2008/98). Inoltre non dobbiamo dimenticare il principio “chi inquina paga” (paga in base a quanto inquina), per cui il CAC deve aumentare o diminuire a seconda della minore o maggiore riciclabilità dell’imballaggio. L’applicazione di questo principio, che ha in sé una logica incentivante-disincentivante, è il cardine per favorire la progettazione ecocompatibile e orientare il mercato e i consumatori verso prodotti riciclabili e quindi con minor impatto ambientale.
5 la legge consente di creare Consorzi autonomi, dunque non sono necessarie modifiche.
Basta informarsi su quanti e quali consorzi autonomi esistono per concludere che questa possibilità è meramente teorica e “sulla carta”. Non esistono al momento Consorzi autonomi volti al recupero di imballaggi primari (imballi che conservano il prodotto come le bottiglie di plastica o le vaschette che racchiudono gli alimenti). Come sistema definitivamente riconosciuto dal MATTM esiste quello ALIPLAST/PARI, che riguarda però gli imballaggi secondari e terziari ed il suo riconoscimento è avvenuto dopo 7 anni ed a seguito di numerosi contenziosi innanzi al TAR e al Cons. di Stato, esposti all’AGCM e alla Commissione UE. Le indicazioni europee sia in materia di rifiuti che di concorrenza sono chiarissime e sono sufficienti poche modifiche per allinearci al diritto europeo e correggere le storture attuali. La cosiddetta “riforma organica” di cui si è sentito parlare è un pretesto per non agire, perché in effetti, pochi interventi chirurgici possono allineare il nostro sistema a quello europeo, garantendo l’apertura del mercato ed evitando all’Italia una nuova procedura di infrazione e consentendole soprattutto di raggiungere più ambiziosi obiettivi di riciclo.
6 il sistema CONAI/COREPLA è più efficiente dei Consorzi autonomi e tutela meglio i consumatori.
Il Contributo ambientale Conai sulla plastica (188 € a ton.) è il più alto rispetto agli altri materiali (l’alluminio, il secondo CAC più alto, è pari a 45 € a ton.). Tuttavia questo importo non basta a garantire l’equilibrio economico/finanziario: nella Relazione sulla Gestione 2014 di COREPLA si legge infatti che “il Bilancio 2014 si chiude con un disavanzo pari a 44,341 milioni di euro”. Con un CAC indifferenziato che non solo non premia chi è più riciclabile (vedi sofismo 4), ma che genera anche una perdita economica, è facile prevedere prossimi e significativi aumenti del CAC sulla plastica che si tradurranno di fatto in un aumento del prezzo d’acquisto dei prodotti imballati. I consumatori quindi oltre a pagare il servizio di Raccolta differenziata comunale pagheranno anche il CAC maggiorato per il recupero degli imballaggi. Nei maggiori Paesi UE operano più sistemi di recupero degli imballaggi in concorrenza e si raggiungono performance di riciclo e recupero più alte delle nostre: ad es., in Germania sono operativi ben 9 sistemi di raccolta/gestione, in Spagna 16, in Francia 70 (http://www.federec.org/federec/federec-et-la-vgo), etc.
7 con la creazione di Consorzi autonomi si lascerebbero al sistema CONAI/COREPLA solo le plastiche non riciclabili impedendogli così di funzionare e di recuperare energeticamente tali plastiche.
Al 2014 CONAI/COREPLA, nonostante il CAC indifferenziato, era in perdita (“deficit di catena”) sia sulle plastiche riciclabili (208,5 €/t.), che sulle plastiche non riciclabili (495,55 €/t.) e dunque un Consorzio autonomo toglierebbe solo un costo e ridurrebbe il deficit. Inoltre qualora restassero solo le plastiche non riciclabili Conai/Corepla potrebbe comunque operare effettuando il recupero energetico e recuperando le necessarie risorse economiche da chi immette al consumo materiali non riciclabili. Aumentare il CAC sugli imballaggi non riciclabili è proprio ciò che richiede la corretta applicazione del principio chi inquina paga. I principi vigenti in materia (responsabilità estesa del produttore e chi inquina paga) impongono infatti che siano i produttori di imballaggi non riciclabili a dover sostenere i costi del recupero energetico dei propri imballaggi. Questi costi, dunque, non possono e non devono in alcun modo gravare su chi, in modo più virtuoso, immetta a consumo imballaggi riciclabili, che dunque dovrà pagare di meno (contributo differenziato in base alla maggiore o minore riciclabilità). Aumentare il CAC su tali imballaggi non riciclabili allineerebbe, peraltro, l’Italia agli altri Paesi UE, eviterebbe gli attuali “deficit di catena” e favorirebbe una transizione verso la produzione e l’utilizzo di imballaggi più riciclabili, con i minori costi per le imprese e per i consumatori a titolo di CAC.