Referendum trivelle, al via la campagna per il sì. Intanto anche Transunion Petroleum rinuncia a ricerche in mare
Presentata alla Camera la campagna per il referendum del 17 aprile. Nel frattempo la società Transunion Petroleum fa sapere di aver rinunciato alle ricerche di gas e petrolio nel Golfo di Taranto e nel Canale di Sicilia
07 March, 2016
"Il 17 aprile è importante votare sì per dire un secco no alle trivelle entro le 12 miglia. Il referendum ha un valore politico per mettere gli italiani in condizione di scegliere, dopo la Conferenza di Parigi, quale politica energetica adottare". Così il coordinatore del comitato No Triv, Piero Lacorazza, nel corso della presentazione alla Camera del referendum abrogativo del 17 aprile. I cittadini, lo ricordiamo, sono chiamati a pronunciarsi sull’abrogazione della legge sulle trivellazioni in mare limitatamente alle parole “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”.
Il comitato promotore del referendum è composto dai rappresentanti delle Assemblee legislative di Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto, con la partecipazione del comitato nazionale "Vota Sì per fermare le trivelle", delle realtà associative e culturali, delle imprese della green economy, del turismo, dell'agricoltura e del settore del mare.
“Un sondaggio commissionato alla Swg” - ha detto Lacorazza, che è anche presidente del consiglio regionale della Basilicata - "conferma la volontà degli italiani di osteggiare l'attività delle trivelle estrattive in mare e soprattutto che bisogna prestare attenzione all'ambiente. Fino alla nuova costituzione l'energia è materia concorrente tra Stato e Regioni. I cittadini stanno dalla parte del sì e capiranno chi saranno i 'furbetti del quartierino' che inviteranno a non votare, impedendo loro di fare una scelta sul futuro energetico del nostro Paese, liberando il mare dalle trivelle".
Intanto un'altra società ha fatto sapere che rinuncerà alle ricerche di gas e petrolio nei mari italiani, precisamente nel golfo di Taranto e nel Canale di Sicilia: si tratta dell'inglese Transunion Petroleum, che si aggiunge così alla Petroceltic e alla Shell, che vantavano rispettivamente un permesso di ricerca al largo delle Isole Tremiti e due istanze nel Golfo di Taranto. "Questa è la dimostrazione che la campagna contro le trivellazioni sta sortendo l’effetto sperato - dice il comitato No Triv. Transunion Petroleum ha deciso di non dar corso al procedimento autorizzativo dopo il parziale rigetto, da parte del Ministero per lo Sviluppo Economico, delle istanze di ricerca di idrocarburi in mare. Sul Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse (Buig) si legge infatti: “La società non ha provveduto a comunicare il proprio interessamento al prosieguo del procedimento amministrativo, nei modi e nei termini indicati dalla comunicazione di “Rigetto parziale e riperimetrazione” del 29 gennaio 2016 n. 2481”.
Il quesito referendario del 17 aprile tuttavia potrebbe non rimanere il solo. Per mercoledì 9 marzo è attesa la sentenza
della Consulta in merito a due
conflitti di attribuzione su altrettanti referendum esclusi dalla Cassazione a
gennaio: quello sul piano delle aree per ricerca ed estrazione di
idrocarburi e quello sul doppio regime per il rilascio dei titoli. La camera di
consiglio della Corte Costituzionale deve valutarne l’ammissibilità. Se dovesse essere riconosciuta le Regioni
dovranno notificare alla controparte l'ordinanza di ammissibilità, dopo di che dovrà
pervenire alla cancelleria della Corte la documentazione dell’avvenuta
notifica. Ci sono quindi dei tempi tecnici per l'espletamento di tutta la
pratica che potrebbero impattare sulla data del 17 aprile decisa per il referendum.
Intanto, mentre continua la mobilitazione di Greenpeace in numerose città italiane per sottolineare la propria opposizione alle trivelle sul territorio italiano, si muove anche il fronte di chi si oppone al referendum. È nato, infatti, a Roma un comitato contrario alla consultazione referendaria presieduto dall’ex Pci e presidente della Gepi (la Società per le gestioni e partecipazioni industriali) Gianfranco Borghini, secondo cui il settore degli idrocarburi potrebbe, a dispetto di quanto affermato dai promotori del referendum, essere fonte di opportunità di investimento e ricerca e portare vantaggi in termini occupazionali ed economici. Tra i componenti del comitato imprenditori, ma anche rappresentanti di associazioni e giornalisti.
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