Plastic Day, convegno dell’8 marzo a Siena sul marine litter: spunti e interventi dei relatori
Spunti e riflessioni sulla presenza e sugli effetti dell’inquinamento da plastiche nell’ambiente marino del mar Mediterraneo dopo l’iniziativa “Plastic Day” che si è svolta martedì 8 marzo all’Università di Siena
17 March, 2016
Si è svolta martedì 8 marzo all’Università di Siena l’iniziativa “Plastic Day”, una giornata divulgativa dedicata alla riflessione sull’inquinamento del mare dovuto alle plastiche. I ricercatori del dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente, in collaborazione con Novamont, numerosi attori istituzionali regionali e nazionali, stakeholders e esponenti del mondo della ricerca e dell’università, hanno discusso di alcune delle tematiche emergenti legate alla presenza e agli effetti dell’inquinamento da plastiche nell’ambiente marino Mediterraneo, delle possibili azioni di mitigazione e dell’uso sostenibile di nuovi materiali biodegradabili. Secondo Stefano Aliani, biologo dell'Istituto Scienze Marine del Cnr, "la plastica è la più grande parte dei rifiuti che si trovano in mare, questo per due motivi: uno, la produzione è molto grande, si parla di milioni di tonnellate prodotte ogni anno; l'altro motivo è che è persistente; un pezzo di legno dura in acqua uno, due, cinque anni, mentre la plastica dura per centinaia di anni e quindi tende ad accumulare". Numerose sono le fonti di produzione dei rifiuti riversati in mare: solo il 20 per cento dei rifiuti deriva da attività svolte in mare, mentre il restante 80% arriva invece da terra. "Il futuro è in un nuovo scenario. Sostituire la plastica allo stato attuale non è realistico - ha continuato Aliani - La soluzione è creare nuovi polimeri nuove molecole, una nuova chimica della plastica che ci permetta di gestire molecole nuove che abbiamo maggiore compatibilità. Allo stesso tempo sviluppare processi sia industriali sia di gestione per recuperare ciò che è stato prodotto. Quindi recuperare una gestione integrata in una economia circolare".
In Asia, la superficie di alcuni fiumi o golfi non è più visibile perché interamente coperta dai detriti. E anche il Mediterraneo, senza arrivare a quegli estremi, si sta rapidamente avvicinando a un punto di collasso, come spiega Maria Cristina Fossi, ecotossicologa dell'Università di Siena: "Abbiamo riscontrato che circa il 70 per cento delle tartarughe marine Caretta Caretta che frequenta le coste tirreniche ha presenza di plastiche nello stomaco. Addirittura nel tonno siamo sul 30 per cento dei valori. Vuol dire che su 100 tonni 30 hanno frammenti di microplastiche nello stomaco".
Tuttavia, a livello industriale, c’è chi ha raccolto la doppia strategia di intervento indicata dagli scienziati. "La risoluzione di questo problema passa da due strade. Una è l'educazione e informazione ambientale: deve diventare inaccettabile gettare plastiche in giro. L'altra strada - ha spiegato - Francesco Degli Innocenti, responsabile Ecologia dei Prodotti Novamont - è quella di migliorare la raccolta dei rifiuti: raccolta differenziata e riciclaggio. La biodegradazione riducendo il tempo di permanenza diminunisce il rischio: quindi non è che un rischio viene annullato, ma viene ridotto di molto. Noi abbiamo fatto delle prove dove nel giro di un anno queste plastiche biodegradano".