Riduzione del rifiuto indifferenziato pro capite: nuova grandezza con cui iniziare a fare i conti
Obiettivo: ridurre la produzione annua pro capite di rifiuto indifferenziato. Ad aprire la strada è stata l'Emilia Romagna con la legge regionale sull'economia circolare. Ora il Piemonte potrebbe seguire la stessa strada con l'approvazione del "Testo Unico sui Rifiuti". Il commento di Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, che invita a seguire l'esempio emiliano-romagnolo, senza fare "sconti". Neppure al capoluogo regionale
20 July, 2016
Il target del 65% di raccolta differenziata, pur da molti Comuni non ancora raggiunto, è stato l’obiettivo che ha permesso di compiere importanti passi avanti per una gestione virtuosa dei rifiuti. Detto questo, oggi si va imponendo una nuova grandezza con cui dobbiamo iniziare a fare i conti: è la riduzione della produzione annua pro capite di rifiuto indifferenziato. A fare da apripista è stata la Regione Emilia Romagna, che raccogliendo una proposta già portata avanti dal movimento Zero Waste, ha inserito questo obiettivo all’interno della legge regionale sull’economia circolare (Legge regionale 5 ottobre 2015, n. 16). Il provvedimento punta a minimizzare “il quantitativo di rifiuto urbano non inviato a riciclaggio con l'obiettivo di raggiungere un quantitativo annuo pro capite inferiore ai 150 chilogrammi per abitante”. A seguire l’esempio emiliano-romagnolo potrebbe essere il Piemonte, dove la giunta regionale ha recentemente approvato il “Testo Unico sui Rifiuti” che prevede “entro il 2018 la produzione annua pro capite di rifiuto indifferenziato a livello di area vasta dovrà essere non superiore ai 190 chilogrammi ad abitante, ed entro il 2020 non superiore ai 159”. Dai primi dati rilevati dai consorzi rifiuti, fa sapere la Regione, la produzione pro capite di rifiuto urbano indifferenziato nel 2015 è stata di circa 201 kg/abitante. Un dato generale, quest’ultimo, che sembra un buon punto di partenza per il raggiungimento di questi obiettivi. Se però entriamo nel dettaglio delle varie realtà emerge la situazione del capoluogo regionale, che certo non parte in pole position. La Regione lo sa e nel testo approvato dalla Giunta, che ora dovrà passare all’esame del Consiglio, per Torino, “in ragione della sua dimensione demografica e delle sue caratteristiche peculiari, le due scadenze slittano di due anni”. Il bonus concesso al capoluogo, con scadenza ultima 2022, non è detto che possa bastare. In base ai dati dell’Osservatorio provinciale Rifiuti, nel 2014 la quantità di rifiuto indifferenziato pro capite è stata di 279 kg/ab. Nel 2015 (dato non definitivo) la produzione di Torino è stata intorno ai 284 kg/ab. E se in passato il dato della città subalpina veniva calcolato sui cosiddetti “abitanti equivalenti”, per tener conto delle migliaia di pendolari che ogni giorno “pesano” sul capoluogo, in futuro, a meno che non venga modificato il Testo Unico sui Rifiuti, anche per Torino si terrà conto dei residenti. Questo perché altri capoluoghi di provincia potrebbero obiettare: anche noi abbiamo i pendolari. Per questo motivo la Regione ha deciso un bonus di tipo “temporale” per il capoluogo. Ma cosa potrebbe accadere se non venissero raggiunti gli obiettivi di riduzione della produzione annua pro capite di rifiuto indifferenziato? Per quanto riguarda il sistema sanzionatorio, si legge nella nota della Regione, “viene introdotta la sanzione amministrativa in materia di produzione dei rifiuti, che si applica nel caso in cui non sia raggiunto, a livello di ambito di area vasta, l’obiettivo di produzione del quantitativo annuo pro capite. La sanzione è calcolata sulla base degli abitanti residenti e dei quantitativi raggruppati per determinate fasce”.