Riciclo materie plastiche: un settore in crisi che guarda con responsabilità alla revisione del sistema
Walter Regis, presidente Assorimap: “Abbiamo solo una sessantina di imprese industriali del riciclo, quando invece il nostro Paese è leader per tecnologie e per prodotti. Siamo davanti a un sistema che va comunque rivisitato”
09 October, 2016
In Italia degli oltre 2 milioni di tonnellate di prodotti plastici se ne riciclano solo 540 mila tonnellate. Questo dato è stato uno dei punti di partenza del convegno dal titolo “La nuova riforma europea sui rifiuti e il ruolo del riciclo della plastica nell’economia circolare”, organizzato dall’Associazione nazionale Riciclatori e Rigeneratori Materie Plastiche che si è svolto venerdì 7 ottobre 2016 a Roma. Partendo dal convegno, Eco dalle Città ha fatto il punto della situazione con Walter Regis, presidente Assorimap. Riciclo delle materie plastiche: qual è lo scenario attuale? Ci muoviamo in uno scenario di crisi del comparto. Ci sono dei numeri preoccupanti. Negli ultimi cinque anni abbiamo avuto una contrazione del 40%, che si colloca nel generale calo del settore manifatturiero in Italia (-25%)*. Abbiamo solo una sessantina di imprese industriali del riciclo, quando invece il nostro Paese è leader per tecnologie e per prodotti. Questo sicuramente denuncia il fatto che siamo davanti a un sistema che va comunque rivisitato. Stiamo perdendo, infatti, quote di mercato anche rispetto alle imprese straniere con un -15% in ambito europeo. Occorre fare un’analisi del nostro sistema. Oggi, ci sono alcuni materiali di grande interesse e che il mercato può inglobare, altri che invece si recuperano ma poi vanno in discarica oppure a recupero energetico, con costi per la collettività. C’è quindi da fare un’attenta ricerca sull’equilibrio da centrare. La nostra ricetta, quindi, non è né mercato libero né mercato completamente assistito. Occorre trovare un equilibrio che va cercato attraverso un confronto equilibrato ed intelligente con tutti i soggetti che sono competenti e che hanno un interesse specifico sul tema. C’è poi il mercato: in questo caso, occorre fare un’analisi del valore, tenendo presente che il sistema attuale è comunque mutualistico. Pur aprendo al libero mercato, dovremo trovare in qualche modo una collocazione per quei materiali che oggi finiscono alla combustione. In che modo? Attraverso una ricerca per nuove applicazioni di riciclo oppure facendo ragionamenti su raccolte selettive diverse. Rispetto al sistema attuale, che molti definiscono ‘monopolistico’, per Assorimap è ancora molto importante. In parallelo, però, riconosciamo che anche le nostre imprese stanno vedendo come potersi attivare per entrare sul mercato libero e trovare nuovi meccanismi per centrare sia l’aspetto economico che il recupero di materia per l’ambiente. In che modo si può rendere più strutturato l’utilizzo di quei materiali derivanti dal riciclo della plastica che oggi faticano a trovare un’applicazione sul mercato? Ci sono due filoni. Il primo, di cui si parla da un po’ di tempo, è quello di rendere gli imballaggi più riciclabili. Questo ovviamente va un po’ a scontrarsi con la funzione di marketing dell’imballaggio. E in quel campo occorre fare dei ragionamenti. Altre riflessioni vanno fatte sulla funzione di conservazione alimentare degli imballaggi: come garantire una maggiore performance senza perdere di vista il recupero e il riciclo? In secondo luogo, c’è la ricerca per nuove applicazioni. Il sistema industriale continua a produrre in maniera diversa e, a volte, anche “impazzita”. Ma occorre riflettere su ciò che “rimane”: si tratta di quantità in grado di affrontare in un’ottica industriale un sistema di recupero e riciclo. In parallelo, inoltre, bisogna realizzare nuove applicazioni per garantire seconda vita a nuovi scarti produttivi plastici che siano effettivamente riciclati. Il convegno del 7 ottobre ha riunito molteplici attori del settore. Rispetto alle possibilità di revisione del sistema di gestione dei rifiuti di imballaggio, cosa è emerso? La parola d’ordine del convegno è stata responsabilità con la “R” maiuscola. Una responsabilità che chiama in causa tutti, non solo il produttore o altri attori, e che non riguarda solo l’ambiente o l’economia, ma anche il sociale e l’aspetto etico del nostro mondo attuale. Sono ottimista. C’è lo sforzo e l’impegno di tutti per trovare quell’equilibrio, determinante per dare vita a un nuovo modello come ci chiede l’Europa.