I fattori psicologici dello spreco alimentare
Stando ai risultati di alcune ricerche condotte in Francia, sprecare cibo è in parte un comportamento indotto da una serie di meccanismi inconsci
31 October, 2016
a cura di Laura Tajoli
Alcune ricerche condotte in Francia dimostrano che lo spreco di cibo è anche legato a una serie di meccanismi psicologici, in buona parte inconsci. “Lo spreco alimentare inizia nei supermercati. Sugli scaffali troviamo una profusione di prodotti, molti dei quali non vengono venduti” spiega Mia Birau, ricercatrice presso la Scuola di Management di Grenoble. Proprio come i consumatori, che spesso “hanno gli occhi più grandi della pancia” quando fanno compere, facendo rigurgitare il loro frigorifero di prodotti che magari non mangeranno mai.
Ai fini della riduzione dello spreco, la gestione dello stoccaggio è cruciale. Secondo gli studi francesi, i consumatori tendono a sottostimare il loro fabbisogno e ritengono di essere in grado di consumare tutti i prodotti acquistati, prima che questi vadano a male. In più, la maggior parte degli acquirenti tende a consumare per primi gli ultimi prodotti comperati, con il risultato che quelli più vecchi restano inutilizzati e poi gettati in pattumiera.
“D’altronde, il compostaggio ha reso l’atto del gettare quasi virtuoso”, sottolinea Mia Birau. Il risultato è che, al momento del pasto, si sperimenta un conflitto tra le diverse motivazioni che stanno alla base dell’acquisto, più o meno consce. La dieta, per esempio, spinge ad acquistare insalata, ma una volta a tavola, ci si lascia tentare da una pizza. Nello stesso modo, si compera un nuovo yogurt “per cambiare”, ma poi si continua a consumare gli yogurt di sempre e il nuovo prodotto viene a mala pena assaggiato. I ricercatori d’Oltralpe hanno osservato un ulteriore fattore, forse ancora più sorprendente e più difficile da eliminare. “Se il consumatore ha la tendenza a comperare troppe cose, è anche perché vuole rassicurarsi circa il suo livello di vita e confermare la sua immagine di “bravo genitore previdente”.
Come affrontare, allora, il problema dello spreco alimentare? Lanciare nuove campagne di informazione? La dottoressa Mia Birau sarebbe favorevole, a condizione che queste non puntino alla colpevolizzazione del consumatore. Stando ai risultati delle ricerche, infatti, il consumatore è più disposto a impegnarsi se pensa di riuscire a fare quello che gli viene richiesto. Un altro punto importante che dovrebbe diventare parte integrante delle campagne di informazione, secondo i ricercatori, è la data di scadenza, troppo spesso percepita come un allarme imprescindibile sulla sicurezza alimentare del prodotto.
Anche su questo fronte, le ricerche francesi portano nuovi spunti di riflessione. “I primi studi sull’argomento suggeriscono che il consumatore è pronto ad acquistare prodotti non freschissimi, purché abbiano l’aspetto naturale, locale, sano, biologico e che è pronto a pagare lo stesso prezzo per un prodotto non perfetto dal punto di vista estetico e per un prodotto integro”.
Fonte: sciencesetavenir.fr