Perché i rifiuti non calano più?
Intervista di Eco dalle Città a Roberto Cavallo, amministratore delegato della Cooperativa ERICA: "Il dato che giustifica l’incremento reale è il potere di acquisto delle famiglie che è aumentato più del PIL"
15 November, 2016
Dopo anni di calo, si assiste ad una ripresa, anche se contenuta, della produzione di rifiuti urbani. Come mai?
Il dato è spiegabile con un indicatore macroeconomico. È vero che abbiamo una ripresa del Prodotto Interno Lordo dello 0,7%. Ma, come afferma l’ISPRA, il fattore di correlazione con il PIL è basso. Questa correlazione non è un dato statisticamente significativo. Il dato che giustifica l’incremento reale è il potere di acquisto delle famiglie che è aumentato più del PIL, tra l’1,6 e l’1,7% (come illustrato nel grafico in foto NdR). Questo elemento comprova la crescita della produzione di rifiuti urbani perché le famiglie, che sono tra coloro che producono rifiuti urbani, hanno capacità di spesa maggiore. Questo si riscontra in un’analisi di dettaglio maggiore. Alcuni prezzi di beni, consumati con più facilità dalle famiglie, sono rimasti invariati oppure sono decresciuti. È il caso, ad esempio, del comparto dell’elettronica. Inoltre, la bassa correlazione del PIL con la produzione dei rifiuti è ulteriormente confermata, al contrario, dal fatto che i rifiuti industriali aumentano molto più del PIL (+5% tra 2013 e 2014, secondo gli ultimi dati Ispra NdR).
Perché c’è questa crescita maggiore dei rifiuti speciali?
In momento di crisi non c’è molta attenzione ai processi industriali. Stiamo facendo pochissimo per aiutare le imprese a produrre meglio. Maggiore attenzione ai processi industriali renderebbe anche più competitive le imprese perché diminuirebbero i costi. Ma questa consapevolezza rimane ancora una “questione di nicchia" che non sta prendendo piede e non viene sostenuta dalle istituzioni. Occorrerebbe quindi finanziare i processi produttivi che diminuiscono i rifiuti: in questo modo avremmo un impatto esponenziale sulla produzione.
E per quanto riguarda i rifiuti urbani, come bisognerebbe intervenire?
Credo che occorra innestare una fase 2.0. Bisogna uscire dalla logica culturale per cui si dice, solo a parole, “bisogna prevenire, la prevenzione è importante”. È una frase che viene ripetuta fra addetti ai lavori ma poi non viene attuata. Occorre portare la prevenzione ad elemento progettuale. Faccio un esempio. Prima di fare un piano per la raccolta differenziata di un comune occorrerebbe porsi la domanda “quanto umido posso raccogliere?”. Per rispondere a questa domanda andrebbe, ad esempio, monitorato il numero di utenti in grado di fare il compostaggio domestico e/o collettivo, dando eventualmente indicazioni sulle aree verdi messe a disposizione dei cittadini. Dopo aver concluso la fase di analisi si può passare alla progettazione del servizio di raccolta dell’umido e solo a quel punto sarà possibile progettare la capacità impiantistica. La fase 2.0 deve vedere la prevenzione come elemento di base per calcolare le quantità e le necessità vere di servizio e di impiantistica. Così facendo si eviterà di sovradimensionare impianti come è accaduto in passato per gli inceneritori.
Fonte grafico: Istat - Quadro statistico semestrale
dei principali indicatori economici 10 novembre 2016