Raccolta differenziata: Città metropolitana di Torino ancora lontana dall'obiettivo 65%
L’Osservatorio Metropolitano rifiuti di Torino riprende la pubblicazione dell’annuale Rapporto sullo stato del sistema di gestione dei rifiuti. Eco dalle Città ha intervistato Agata Fortunato, responsabile dell’Ufficio Programmazione e controllo del Ciclo Integrato dei Rifiuti della Città Metropolitana di Torino
11 December, 2020
Giuseppe Iasparra
Dopo tre anni di fermo l’Osservatorio Metropolitano rifiuti di Torino riprende la pubblicazione dell’annuale Rapporto sullo stato del sistema di gestione dei rifiuti. Abbiamo chiesto un commento ad Agata Fortunato, responsabile dell’Ufficio Programmazione e controllo del Ciclo Integrato dei Rifiuti della Città Metropolitana di Torino.
Prima di tutto voglio ringraziare le colleghe dell’ATO-Rifiuti: senza il loro lavoro la pubblicazione non sarebbe stata possibile. Gli ultimi vent’anni sono stati caratterizzati da una forte spinta alla raccolta differenziata con effetti ben visibili, benché i risultati non siano uniformi in tutti gli ambiti del nostro territorio. Nel trend di crescita è intervenuta nel 2017 la modifica del calcolo della raccolta differenziata il cui effetto immediato è stato un complessivo e consistente aumento della percentuale di RD, determinata però solo da una differente modalità di contabilizzazione. Più di recente invece abbiamo assistito ad una lenta crescita della raccolta differenziata nella città di Torino, grazie all’estensione dei servizi domiciliari che dovrebbe concludersi nel 2023. Pur con questi risultati l’ambito metropolitano è complessivamente ancora lontano dall’obiettivo fissato dalla normativa per il 2012 e pari al 65%: nel 2019 il nostro territorio raggiunge “solo” il 58% di raccolta differenziata; diversi ambiti hanno già traguardato l’obiettivo nazionale ma, fatta eccezione per la Città di Torino (che sta procedendo), in quelli in cui il risultato non è ancora stato raggiunto non sembrano previsti al momento interventi in grado di dare una ulteriore spinta e pertanto non si può ipotizzare nel breve periodo un sostanziale cambio di scenario.
La qualità della raccolta, sebbene sia sempre difficile fare valutazioni specifiche e puntuali a causa dei diversi passaggi cui il rifiuto è sottoposto a scapito della tracciabilità, non risulta complessivamente eccellente. Più in particolare la raccolta differenziata della plastica mostra livelli accettabili (ma anche eccellenze) per quella multimateriale leggera (realizzata in 264 Comuni - 896.958 ab.), meno per quella monomateriale ( realizzata in 49 Comuni - 1.356.304 ab.) che necessita ancora di interventi di prepulizia prima del conferimento agli impianti di selezione. Per la RD plastica vi è inoltre un problema più strutturale e non determinato dalla raccolta del territorio; infatti ancora più della metà viene avviata a recupero energetico o discarica (per quantità residuali) poiché costituita oltre che da scarti veri e propri, da imballaggi non riciclabili, per i quali ancora troppo poco si sta facendo. Le altre raccolte differenziate (organico, carta/cartone, vetro) continuano a soffrire di una qualità non sempre eccellente che determina oltre che un minore incasso per i Comuni, una minore resa in termini di riciclo.
La nuova negoziazione dell’Accordo Quadro, peraltro non conclusa (alla data di pubblicazione del rapporto non risultano sottoscritti tre dei sei Allegati Tecnici), spinge molto sulla qualità del rifiuto conferito: la condivisibile necessità di un miglioramento qualitativo delle raccolte si scontra con un territorio non sempre sufficientemente pronto a modificare abitudini e sistemi organizzativi.
Oltre ai valori di raccolta differenziata sembra si parli ancora troppo poco della produzione totale e del rispetto della gerarchia della gestione dei rifiuti: cosa è successo da questo punto di vista?
Sul fronte della produzione totale, diversi ambiti registrano valori significativamente alti ed anche in questo caso non si possono ipotizzare sostanziali modifiche, essendo interventi, allorquando presenti, sporadici e non inseriti in un quadro complessivo: per questo rischiano di risultare poco visibili a livello sovra-locale. Il raggiungimento di ambiziosi obiettivi di prevenzione dei rifiuti è possibile solo attraverso un complesso sistema di azioni e buone pratiche che, inserite in un disegno articolato, divengono elemento imprescindibile per la modifica del modello di produzione e consumo finalizzato alla prevenzione dei rifiuti, in modo da portare all’auspicato disallineamento fra crescita dei rifiuti e crescita economica.
E sul sistema impiantistico ci sono dati confortanti?
Anche grazie alle scelte lungimiranti fatte nel passato il territorio non presenta criticità per lo smaltimento del rifiuto non recuperabile, che peraltro vista la crescita della raccolta differenziata non solo è completamente assorbito dal termovalorizzatore (impianto che la Regione già da qualche anno ha individuato come impianto regionale), ma riesce a trattare anche una buona quantità di rifiuti speciali. Al tempo stesso però, la complessa situazione del sistema nazionale e le difficoltà di accesso alle infrastrutture di smaltimento, creano anche a livello del nostro territorio numerose criticità che rischiano di avere effetti sulla corretta gestione del rifiuto speciale, caratterizzata da impianti sempre più prossimi alla saturazione. Sebbene il nostro Rapporto ormai da diversi anni è limitato ai soli rifiuti urbani, il tema degli impianti di trattamento di rifiuti speciali è comunque di interesse, poiché tali impianti costituiscono il destino per i sovvalli delle raccolte differenziate oltre che per particolari tipologie di rifiuti urbani (ingombranti e abbandoni stradali soprattutto).
Ci sono altre criticità che emergono?
Il percorso di razionalizzazione della governance avviato negli anni scorsi e definitivamente tracciato con la L.R. 1/2018, pur con tutti i limiti della legge – il doppio livello CAV/ATO, due CAV per il territorio metropolitano, la frammentazione degli attuali Consorzi di Bacino – appare ancora lontano dal realizzarsi, mentre avanza il processo di aggregazione industriale che potrebbe portare ad un effetto di asimmetria fra livello della regolazione/controllo e quello della esecuzione.
Permane, infine, come problema il fattore economico: la cittadinanza ed il sistema delle imprese sono sempre più sensibili all’impatto finanziario del sistema di gestione dei rifiuti e le modalità di gestione dei rifiuti secondo criteri di sicurezza per la salute e l’ambiente comportano investimenti e risorse crescenti rispetto al passato. Il mantenimento del difficile equilibrio tra queste istanze è a mio avviso un compito centrale per le istituzioni preposte al controllo e alla regolazione del sistema.