Stop agli Euro 4 diesel. Legambiente: 'La pandemia da Covid non è una buona ragione per allentare la guardia sull'inquinamento'
Per Legambiente non è più il momento di proroghe per lo stop alla circolazione dei veicoli Euro 4 diesel
05 January, 2021
Per Legambiente non è più il momento
di proroghe per lo stop alla circolazione dei veicoli Euro 4 diesel. Le ordinanze regionali che prevedevano il blocco per le auto più
inquinanti erano in programma dal 1°ottobre, ma a causa dell’emergenza
sanitaria in corso hanno subìto uno slittamento a gennaio 2021.
L’accordo sul blocco degli Euro 4, firmato dal Ministero dell’Ambiente e
dalle quattro Regioni che fanno parte del Bacino Padano (Piemonte,
Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto), mira a ridurre l’inquinamento e
dimostrare a Bruxelles l’impegno italiano nell’evitare di pagare le
considerevoli sanzioni legate alla scarsa qualità dell’aria respirata
nelle nostre città.
Per il Piemonte, i limiti alla circolazione sono previsti nei Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti dove si sono registrati superamenti ai limiti di particolato PM10 e biossido di azoto per almeno tre anni, anche non consecutivi, negli ultimi cinque (Torino, Moncalieri, Collegno, Rivoli, Nichelino, Settimo Torinese, Grugliasco, Chieri, Venaria Reale, Orbassano, Rivalta di Torino, San Mauro Torinese, Beinasco, Leinì, Volpiano, Pianezza, Vinovo, Caselle Torinese, Borgaro Torinese, Santena, Trofarello, La Loggia, Mappano, Cambiano, Carmagnola, Chivasso e Ivrea; Novara e Trecate, Alessandria, Casale Monferrato, Novi Ligure, Tortona, Asti, Vercelli, Bra e Alba). Già oggi sono previsti blocchi per gli euro 0 indipendentemente dalla tipologia di carburante e per i diesel fino a Euro 3 (questi ultimi nella sola fascia oraria diurna feriale).
“Le regioni avevano chiesto il posticipo dell'entrata in vigore della misura con la scusa della riduzione delle emissioni complessive rispetto all'ordinario dovute al lockdown – dichiara Stefano Ciafani, presidente Legambiente -. Una scusa poco fondata, perché la pandemia da Covid non è una buona ragione per allentare la guardia sull’inquinamento: entrambi sono da considerarsi, purtroppo, una causa importante di co-morbilità, che ha portato al decesso prematuro decine di migliaia di persone nel corso del 2020. La pandemia è una ragione di più per stoppare subito i diesel Euro 4 e veicoli più inquinanti, in tutte le città inquinate d’Italia. Seguirà poi lo stop agli Euro 5, previsto nel 2025.”
Infatti, l’inquinamento causato da un Euro 4 diesel è allarmante. Le emissioni di ossidi d’azoto (NOx), inquinanti chiave dei diesel in città e precursori del particolato PM10 provenienti da una sola auto a gasolio Euro 4 sono comparabili a quelli di 7 diesel più recenti (con omologazione 2020) o a 20 auto a benzina nuove. Non va meglio con le auto diesel Euro 5, protagoniste dello scandalo sulle emissioni “Dieselgate”, che saranno le prossime a non dover più circolare nelle nostre città. Per questo, chi compra oggi un’auto a combustione (diesel o benzina), anche quelle recentemente incentivate dal governo (sotto i 135 grammi di CO2/km), è utile che metta nel conto che tra una decina d’anni non potrà più circolare in città, come succede oggi con gli Euro 4, che erano stati fortemente incentivati nel 2007.
Quanti potrebbero essere i veicoli fermi da gennaio 2021 nelle città più inquinate d’Italia? I vecchi diesel Euro 4, auto e camion, circolanti nelle regioni del nord, che non potranno più circolare di giorno all’interno delle principali città della Pianura Padana, sono 1,6 milioni (secondo le stime di inizio anno): ma si tratta di meno del 10% dell’intero parco di veicoli circolanti nelle 4 regioni, che ammonta a 17 milioni di mezzi. A Torino i veicoli circolanti sono 603.821, e di questi, l’8% rimarrà fermo dall’inizio del blocco (49.074 veicoli), da sommare ai 54.544 Euro 0 e ai 41.011 Euro 1, 2, e 3 fermi già dall’anno scorso.
“Applicare queste limitazioni alla circolazione dei veicoli diesel Euro 4 – aggiunge Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta - si inserisce in una strategia atta a rispondere non solo alle sanzioni dell’UE per gli sforamenti ma anche per una progressiva e necessaria riduzione dei veicoli in circolazione, causa di inquinamento diretto e indiretto anche per usura da sfregamento (pneumatici, freni, asfalto) e ri-sospensione. Il tema più ampio deve essere quello di un nuovo modello di mobilità per rispondere sia alle necessità di una maggior qualità di vita e salute delle persone (proprio come emerso durante l’emergenza Covid 19) sia alle ormai evidenti avvisaglie della crisi climatica in corso”
Basti pensare che la connessione fra inquinamento atmosferico e mortalità ha mosso di recente un grande passo avanti. Un tribunale inglese ha emesso il mese scorso una sentenza storica, riconoscendo lo smog come concausa della morte di Ella Kissi-Debrah, una bambina di 9 anni, scomparsa nel 2013 in seguito all'ennesimo attacco d'asma. A distanza di 7 anni, sia il giudice che il medico legale hanno riconosciuto che i livelli di biossido di azoto vicino alla casa della bambina superiori ai valori indicati dalle linee guida dell'OMS e dell'Unione Europea, abbiano contribuito all’aggravamento della situazione sanitaria della bambina. Una sentenza che potrebbe portare nei prossimi anni ad avere numerose cause da parte dei cittadini nei confronti del decisore pubblico in quei territori dove i limiti non vengano rispettati.
Anche dall’ultimo rapporto Mal’Aria di Legambiente, lanciato lo scorso ottobre, è emerso chiaramente come l’85% delle città capoluogo in Italia non abbia rispettato sistematicamente gran parte dei limiti suggeriti dall’OMS per quanto riguarda le polveri sottili e le emissioni di ossidi di azoto tra il 2014 e 2018. Anni in cui i report dell’Agenzia Ambientale Europea (EEA) segnalavano l’Italia come la nazione con il maggior numero di morti premature dovute all’eccessivo inquinamento atmosferico, stimabili in oltre 60mila all’anno.