Un mondo di plastica
Divergenze sui numeri del riciclo tra Assorimap, l'associazione dei riciclatori e Corepla, il consorzio obbligatorio. Tutti d'accordo comunque su un fatto: sul fronte della raccolta differenziata va colmato il divario tra Nord, Centro e Sud. Legambiente: "Ne siamo invasi, serve più prevenzione e riciclo e meno incenerimento" - da Ecosportello News del 28.11.2005
29 November, 2005
<B>Alina Lombardo</B>
Nel 2004 in Italia sono stati immessi sul mercato 2 milioni e 50mila tonnellate di imballaggi di plastica (dati Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero dei rifiuti di Imballaggi in plastica, Corepla) e un totale di 5 milioni di tonnellate di materiali termoplastici (dati Assorimap, l'Associazione dei riciclatori di materie plastiche). Di questi, ne sono stati recuperati complessivamente 1 milione e 49.000 impiegandone 575mila tonnellate nel recupero energetico e 469mila tonnellate nel riciclaggio (secondo Corepla; per Assorimap la quantità di rifiuti di materiale plastico effettivamente riciclato ammonta a 822.000 tonnellate). Del totale degli imballaggi raccolti, 326mila tonnellate provengono dal circuito urbano di raccolta differenziata attiva in 6.800 comuni. Completano il quadro 280 aziende operanti nel settore del riciclo delle materie plastiche che nel 2004 hanno registrato un fatturato di 418 milioni di euro (stima Assorimap riferita al valore delle materie prime secondarie prodotte e/o dei beni prodotti dalle aziende).
<b>Assorimap denuncia: "Il settore è in crisi"</B>
Fin qui i numeri. Ma al di là di questi, come sta il settore del riciclo della plastica in Italia? È in crisi. È lapidario il giudizio di Assorimap, l'associazione dei riciclatori di materie plastiche di Fise-Assoambiente a cui aderiscono 40 aziende che trattano il 70% dei rifiuti plastici post-consumo. Una crisi, sottolineano i riciclatori, confermata da un coefficiente di utilizzo degli impianti fisso al 56,6% - 822.000 tonnellate (+0,1%) con una capacità di riciclo pressoché stabile a 1.452 kton (+0,1%) - che mostra ancora forte il divario rispetto agli anni precedenti al 2003 (64% nel 2002, 67% nel 2000, 70% nel 1998), evidenziando il segno di una crisi che desta preoccupazione.
Le ragioni di questa crisi, precisa Assorimap, sono sostanziamente 5:
stagnazione del settore delle materie plastiche in genere, dovuta alla sfavorevole congiuntura economica e alla contrazione dei consumi;
penuria degli approvvigionamenti per i riciclatori, a seguito delle discutibili scelte strategiche ed operative di Corepla, per quanto riguarda gli imballaggi;
le esportazioni, anche illegali, dei rifiuti plastici e la creazione di nuove capacità operative in altri Stati europei;
l'assimilazione dei rifiuti plastici di imballaggio secondari e terziari ai rifiuti urbani (che ha sottratto i primi ai consueti canali di approvvigionamento dei riciclatori, lamenta Assorimap, riducendone drasticamente la qualità);
il mancato sviluppo delle raccolte differenziate nel Centro e Sud d'Italia.
<B>Corepla replica: "Quel 7% non ci torna"</B>
Il risultato di questa situazione, sintetizzato nel Rapporto l'Italia del recupero 6° edizione presentato da Fise-Unire lo scorso ottobre alla mostra Ecomondo di Rimini, è che "nel 2004 in Italia su oltre 5 milioni di tonnellate di materiali termoplastici immessi al consumo, risulterebbero avviati al riciclo meno del 7%". Percentuale bassa. Talmente bassa da risultare poco credibile e scatenare non poche reazioni. Tra queste, una richiesta di chiarimenti da parte di Corepla sulla "genesi di un dato che appare poco coerente con le informazioni in nostro possesso. Non è infatti chiaro - sottolinea il consorzio - come il riciclo totale della plastica in Italia per il 2004 possa essere quantificato in 'meno del 7%' su un totale di 5 milioni di tonnellate circa di manufatti in plastica (imballaggio + non-imballaggio) immesse sul mercato nazionale quando già il solo Piano Specifico di Prevenzione Corepla, peraltro preso a riferimento nello stesso Rapporto Fise-Unire, quantifica il riciclaggio dei soli imballaggi in plastica in 439.000 ton (249 ton gestite direttamente dal Consorzio + 190 ton riciclate dal 'riciclo indipendente' censito, per una percentuale complessiva di riciclato del 21,4% rispetto ai 2.049.000 di ton dei soli imballaggi in plastica immessi sul mercato nazionale)".
"Stando così le cose - prosegue Corepla - il riciclo sul totale dell'immesso al consumo (imballaggio + non imballaggio) sarebbe pari a poco meno del 9%, ipotizzando che in Italia non si ricicli neppure un chilo di plastica che non provenga da rifiuti d'imballaggio. Poiché invece è notoriamente attivo anche il riciclo di beni in plastica non-imballaggio, la prestazione complessiva non può che essere migliore, tenuto anche conto che, già per i soli imballaggi, si registrano numerose attendibili opinioni provenienti dallo stesso mondo del riciclo delle materie plastiche che tendono a ritenere il dato fornito da Corepla relativamente al cosiddetto "riciclo indipendente" approssimato per difetto piuttosto che per eccesso".
<B>Riciclo a tre velocità</B>
Ma se per avere una parola definitiva sui dati di immissione e di riciclo delle materie plastiche non ci resta che attendere l'esito del chiarimento tra Corepla e Assorimap, su una cosa l'accordo è unanime: l'enorme divario che separa il Nord dal resto d'Italia. Se, infatti, la raccolta della plastica nel 2004 al Nord raggiunge le 234.000 tonnellate, nel Centro scende a 51.000 tonnellate e nel Sud addirittura a 35.000. "È un dato che riflette la situazione generale della raccolta differenziata dei rifiuti - commenta Lucia Venturi, responsabile scientifica di Legambiente -: un'Italia divisa in tre, con un Nord in cui Lombardia e Veneto trascinano verso l'alto la percentuale di differenziata di tutta l'area settentrionale, un Centro in cui la Toscana, per esempio, pur esibendo realtà locali con ottimi risultati, non riesce a trascinare le altre regioni; e un Sud in cui la raccolta differenziata è ancora indietro e stenta a decollare".
È un tasto, quello del "riciclo a tre velocità", sul quale Assorimap non ha mai smesso di battere. Neanche all'indomani dell'avvio del progetto di integrazione delle attività di Corepla e Comieco. Il progetto, avviato con il supporto di una società di consulenza specializzata in campo ambientale, la Erm Italia, coinvolge 22 comuni di Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Lo scorso 18 ottobre a Napoli, a sei mesi dall'avvio del progetto, si è tenuta la prima riunione per analizzare i risultati del lavoro svolto nelle diverse realtà coinvolte. Stando al Piano Specifico di Prevenzione Corepla, nei prossimi due anni la raccolta pubblica di materie plastiche post-consumo dovrebbe salire a 350.000 tonnellate nel 2005 (253.000 al Nord, 58.000 al Centro e 39.000 al Sud) e a 380.000 nel 2006 (272.000 Nord, 65.000 Centro, 43.000 Sud) con una crescita annua di circa il 10%. Il che porterebbe la percentuale di riciclo oltre il 20%. Buono, ma ancora distante da situazioni come quelle raggiunte in Germania (80%), Svizzera (70%), Belgio (60%) o Francia (40%). "Resta da fare ancora molto lavoro - ammette Corepla - per assicurare, con la promozione della raccolta differenziata, i quantitativi di materia prima necessaria a un'industria del riciclo in continua e positiva crescita e per individuare sempre nuove applicazioni industriali economicamente sostenibili per le frazioni che presentano maggiori criticità di riciclo".
<B>Poca prevenzione, troppo incenerimento</B>
"Incremento della raccolta differenziata, aumento della percentuale di rifiuto da riciclare... E la prevenzione?" domanda Lucia Venturi facendosi portavoce di una richiesta che vede compatto il fronte ambientalista. Il quale non si stanca di ricordare che "stiamo rivestendo il mondo di plastica: se ne produce troppa e sempre di più. Certo, è vero che i rifiuti di materie plastiche realizzate con i nuovi polimeri, come Pet, Hdpe ecc. sono più facili da trattare, ma è ancora molto alta la produzione di Pvc, un prodotto che continua a dare problemi su tutto il suo ciclo vitale: dalla culla alla tomba». Quale strada seguire? "Lavorare di più - spiega Venturi - sulla concertazione tra tutti i soggetti interessati che porti ad una politica di incentivi-disincentivi: trovare, cioè, forme di dissuasione verso l'impiego delle produzioni più problematiche e incentivare quelle che favoriscono l'uso di materie prime seconde".
"Deve essere comunque chiaro - aggiunge Venturi - che il principio gerarchico della gestione integrata dei rifiuti andrebbe applicato anche alle plastiche: dopo le politiche di riduzione si deve prima massimizzare il recupero di materia e poi si può recuperare energia".
La normativa italiana sull'incentivazione economica dell'incenerimento non aiuta di certo: grazie al vecchio Cip 6 e ai nuovi Certificati verdi è ancora troppo conveniente bruciare i rifiuti. Senza considerare poi il Decreto 387/2003 di recepimento della Direttiva europea sulle fonti rinnovabili, che ha incredibilmente inserito tra le fonti assimilate a quelle veramente pulite anche la parte non biodegradabile dei rifiuti e quindi anche le plastiche, nonostante questo non fosse previsto dalla normativa Ue. "Grazie a quest'ennesima 'svista' italiana nel recepire le direttive europee sui rifiuti, andremo sicuramente allo scontro con l'Europa".
<b>Si fa presto a dire plastica</B>
Difficile dissentire con chi dice che stiamo rivestendo il mondo di plastica. Ormai non ce ne rendiamo neanche conto, ma la plastica è presente nella stragrande maggioranza degli oggetti di uso quotidiano di ciascuno: si va dalla cartina che avvolge le caramelle alle scarpe, passando per mobili, automobili ecc. Basti pensare che alla produzione di materie plastiche è destinato il 4% del petrolio prodotto in tutto il mondo. A fare la parte del leone nell'impiego delle materie plastiche è il settore degli imballaggi: in Italia assorbe oltre il 45% (nel mondo il 43,5%); seguono edilizia (11% in Italia e 13,2% nel mondo), comunicazioni (6% in Italia, 7% nel mondo), arredamento (6%), trasporti (4% in Italia, 7% nel mondo), agricoltura (oltre 3%), farmaci, sport, tempo libero, spazio (per il restante 25% circa).
Alla fine del suo utilizzo, tutta questa plastica può essere riutilizzata secondo tre modalità fondamentali:
riciclaggio meccanico, che prevede la trasformazione da materia a materia: il rifiuto di plastica diventa il punto di partenza per nuovi prodotti;
riciclaggio chimico, che prevede il ritorno alla materia prima di base attraverso la trasformazione dei rifiuti di plastiche in monomeri di pari qualità di quelli vergini, da utilizzare nuovamente nella produzione;
recupero energetico, cioè riutilizzo dell'energia contenuta nei rifiuti plastici, che le deriva dal petrolio e che è interamente sfruttabile: la plastica ha un valore calorifico uguale a quello del carbone e, nonostante in peso costituisca il 7% dei rifiuti urbani, produce il 50% di tutta l'energia generata durante la loro combustione.
Il recupero di questa energia si ottiene: attraverso la combustione diretta dei rifiuti (oggi in Europa si bruciano circa 27 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al 16% del totale, che producono energia per riscaldamento e illuminazione): se si bruciassero tutti i rifiuti per generare energia, si arriverebbe a coprire quasi il 4% del fabbisogno europeo di elettricità domestica. Anche il Package derived fuel (Pdf), un combustibile derivato dagli imballaggi contenuti nei rifiuti solidi urbani, è stato calcolato possa sostituire l'equivalente di 14 milioni di tonnellate di combustibile industriale all'anno negli impianti che producono energia.
<b>La seconda vita della plastica</B>
È attraverso il riciclaggio, dunque, che la plastica può tornare a nuova vita. Per garantire che questo processo di trasformazione avvenga secondo i principi e gli standard normativi previsti dalla legge è stato costituito, a maggio 2004, l'Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo (IPPR), soggetto professionalmente abilitato al rilascio della certificazione in materia di prodotti plastici da riciclo. Plastica Seconda Vita (Psv) è, invece, il marchio di conformità ecologica creato da IPPR con il quale si certifica che i manufatti rispondono ai criteri di identificazione, rintracciabilità e percentuali di materie plastiche riciclate provenienti da post-consumo per la produzione dei manufatti o delle loro componenti, secondo le indicazioni ministeriali. I prodotti a marchio Psv possono essere iscritti nell'apposito Repertorio del Riciclaggio istituito dal ministero dell'Ambiente. Il marchio, inoltre, rende maggiormente visibili e più facilmente identificabili i beni in materie plastiche da riciclo destinati alle Pubbliche amministrazioni e alle società a prevalente capitale pubblico obbligate, dal Dm 203/2003, ad acquistare almeno il 30% dei beni di cui necessitano tra i prodotti provenienti dal riciclo.
I nuovi manufatti a marchio Psv che si affacciano per la prima volta sul mercato sono stati presentati lo scorso ottobre a Rimini, all'interno della mostra Ecomondo (campane per la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, realizzate in polietilene lineare riciclabile; pallets reticolari; griglie per il manto erboso; composter per rifiuti organici; cassero areato).
<b>La storia</B>
È lunga la storia della plastica. Ormai copre un intero secolo. Ma a volerla raccontare dal punto di vista della produzione e trattamento dei rifiuti in Italia, si possono rintracciare alcune date fondamentali. La prima si colloca alla fine degli anni 1980, quando ci si comincia a porre il problema dello smaltimento dei rifiuti di materie plastiche. Non è un caso, infatti se porta la data 1988 la pubblicazione del decreto legge che prevede la creazione di un "Consorzio per il recupero e il riciclo dei contenitori in plastica" dal quale prende vita, l'anno dopo, Replastic (Consorzio nazionale per il riciclo dei contenitori in plastica per liquidi) che, in breve tempo, coinvolge più di 4000 Comuni e ricicla oltre di 110.000 tonnellate di contenitori in plastica l'anno.
Il 1997 è l'anno di nascita del cosiddetto decreto Ronchi, la normativa di riferimento per il recupero degli imballaggi usati che stabilisce la costituzione del Consorzio Nazionale Imballaggi (Conai) e dei consorzi per singolo materiale.
Nel 1998 Conai diventa operativo; nello stesso anno Assoplast, insieme all'associazione dei trasformatori (Unionplast) si impegna per la creazione del Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero dei rifiuti di Imballaggi in plastica (Corepla) che ingloba Replastic e diviene il più grande Consorzio di recupero italiano ed il secondo in Europa. Tra i compiti di Corepla: lavorare per uniformare gli imballaggi in plastica, in modo da agevolarne il trattamento e la valorizzazione una volta utilizzati.
Nello stesso anno nasce il Consorzio obbligatorio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene (Polieco) che riunisce produttori, importatori, trasformatori, associazioni nazionali di categoria di imprese di raccolta, trasporto, stoccaggio, riciclo e recupero di polietilene. I beni di polietilene di competenza del consorzio escludono: gli imballaggi; i beni durevoli; i rifiuti sanitari; i rifiuti costituiti da veicoli a motore e i rimorchi.
Nel frattempo, Assorimap confluisce nel settore recupero di Fise-Assoambiente.
Nel 1999, primo fra tutti i Consorzi, Corepla sottoscrive (nell'ambito dell'accordo Anci-CONAI) contratti con i gestori dei rifiuti o direttamente con i Comuni. L'accordo prevede per le materie plastiche un impegno economico pari a 70 miliardi di lire annui. L'anno dopo Corepla raggiunge i 2.021 aderenti che coprono il 90% del mondo imprenditoriale di riferimento e impegnano 200 miliardi annui di risorse (oltre il 60% dell'intero sistema Conai). Dispone di 47 centri di conferimento e 17 centri di selezione. Il recupero coinvolge 380.000 tonnellate di rifiuti di imballaggi plastici (20,6% dell'immesso al consumo); di queste, 137.000 tonnellate (pari al 7,4%) sono avviate al recupero energetico.
Nel 2004 Corepla, con l'obiettivo di raccogliere, riciclare e recuperare il 50% degli imballaggi primari, secondari e terziari (pari a circa 1 milione di tonnellate) e riciclare 410.000 tonnellate di imballaggi (pari al 20% dell'immesso), ha sottoscritto 1.150 convenzioni con i Comuni o gli operatori da questi delegati (in base a quanto prescritto dall'accordo Anci-Conai appena rinnovato fino al 2008).