Decisioni difficili? Arriva la giuria del cittadino
Sabato a Torino una formula diffusa nei paesi anglosassoni: sul banco degli imputati l'inquinamento - da La Stampa 16.03.2006
16 March, 2006
<b>Dagli inceneritori all’alta velocità: come risolvere problemi senza «tirannia dall’alto»</b>
di Alberto Papuzzi
COLTIVAZIONI Ogm sì o no? Domeniche a piedi sì o no? E dove insediare gli inceneritori di rifiuti? E cosa fare con le scorie nucleari? Ci circondano problemi che dipendono dallo sviluppo tecnico-scientifico, sui quali la scienza non è in grado di fornire soluzioni certe e i meccanismi democratici non riescono a garantire decisioni condivise. Così, si moltiplicano i casi in cui - in grandi metropoli e in piccoli paesi, da noi e all'estero - o si rischia la paralisi, oppure le scelte fatte alla fine da un sindaco, da un assessore, da un presidente di regione, dallo stesso governo, sono avvertite, da una parte dei cittadini, come soprusi, come prese di posizione di parte, al punto che spesso s'imbocca la strada delle proteste organizzate. Vedi il braccio di ferro per l'alta velocità in Valle Susa. Contro questo deficit di democrazia, si gioca oggi una carta speciale: le giurie di cittadini.
Sabato, a Torino, per la prima volta, si vara in Italia questa formula, già diffusa nel Nord Europa e nei Paesi anglosassoni. Come funziona? Il modello formale è quello del processo, con la nomina d'una giuria di cittadini comuni, estratti a sorte, sulla base però d'un campione statistico. Si istruisce un dibattimento su un problema che, questa prima volta, è l'inquinamento causato dal traffico urbano. Dopo l'audizione di esperti e testimoni, la giuria si riunisce per un confronto di opinioni, al termine del quale deve proporre la soluzione che meglio rappresenti l'interesse pubblico. L’amministrazione pubblica si è impegnata a rispettarla. Un facilitatore professionale - figura creata dalla moderna sociologia - avrà il compito di favorire la discussione, facendo rispettare i tempi d'intervento, aiutando a esprimersi che non ama intervenire. Gli americani la dicono così: «Mettiamo il mondo in una stanza».
Dietro la novità c'è il dibattito tra i filosofi della politica sui limiti della cosiddetta democrazia maggioritaria: l'idea è che la democrazia non deve ridursi alla conta dei voti, non deve trasformarsi in una «tirannia della maggioranza». A questa immagine si contrappone quella della «democrazia deliberativa», in cui l'essenza dell'agire democratico è che si soppesano gli argomenti, si rivaluta la discussione, ci si piega alla forza dell'argomento migliore, e la votazione resta un'extrema ratio. Per i filosofi deliberativisti, alla cui origine c'è il pensiero di Jürgen Habermas e che hanno il loro attuale teorico in James S. Fishkin, il bersaglio da colpire è la democrazia dei referendum e dei sondaggi. Detta in una battuta: la democrazia dei numeri.
In questo contesto si sono fatti diversi esperimenti. La giuria di cittadini è quello di più lunga tradizione: se ne fa risalire la nascita al 1974 in America. Da allora centinaia di giurie sono state organizzate nel Nord America, in Gran Bretagna, in India e Australia, in Germania, Spagna, Olanda, Svizzera. Il primo esperimento italiano è organizzato dal Dipartimento di studi politici di Torino (in collaborazione con quello di Bologna che vara un’iniziativa analoga). Si è costituito un comitato, che riunisce i principali soggetti coinvolti: gli assessorati all'ambiente degli Enti Locali, i rappresentanti dei commercianti, le associazioni ambientaliste, l'Anci e l'Aci. I giurati saranno 24, si terranno due riunioni: sabato 18 per l'istruttoria e sabato 25 per il verdetto.
Quale soluzione sarà raccomandata? Targhe alterne, domeniche a piedi, passaggio dalla benzina al metano o al gpl, i ticket per le auto, il car sharing, altro ancora? Attenzione, però: il fine non è di imporre una scelta scardinante. «Le giurie dei cittadini non pretendono di scalzare la democrazia rappresentativa - spiega Luigi Bobbio, docente a Studi politici -. Non sono eversive, ma aggiungono, completano, rivitalizzano».
Vent'anni fa i futurologi immaginavano che le tecnologie informatiche avrebbero trasformato i sistemi democratici, fino al paradosso di avere un unico cittadino, statisticamente rappresentativo della comunità, mandato a premere il bottone del voto. Tutto sbagliato, oggi si va nella direzione opposta: è la capacità di relazione, è la possibilità di confrontare e compenetrare opinioni, a salvare la democrazia.