"Contributo basso non significa fanalino di coda, ma leader di costi di filiera"
Cesare Spreafico, direttore generale di Corepla, risponde all'assessore Massaglia, che auspicava un aumento del contributo ambientale CONAI
18 January, 2008
<font size="1"><b><i>Intervento di Cesare Spreafico, direttore generale Corepla</i></b></font>
I punti toccati nell’intervista con l’Assessore Massaglia sono importanti perché consentono di far chiarezza su alcuni luoghi comuni che spesso causano disorientamento non solo nei cittadini ma anche tra gli addetti ai lavori.
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<font face="Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif" size="2"><li>Il contributo CONAI, in Europa denominato “green fee”, è un indice correlato al livello dei costi ambientali relativi alla gestione dei prodotti a fine ciclo di vita. Quanto più esso è basso, tanto più i processi di gestione del ciclo sono ottimizzati e competitivi lungo tutta la filiera raccolta – selezione - riciclo.
Il contributo ha quindi a che fare con gli schemi realizzati dall’industria di riferimento in merito al riciclo e al recupero di quanto immesso al consumo.
In Italia per la raccolta si è scelto un sistema “non duale”, a differenza della Germania ed altri Paesi, sviluppando sinergie con ANCI mentre per la vendita delle frazioni selezionate si è arrivati ad un sistema “a mercato” di aste online che ha portato i ricavi da vendite a oltre 40M€, oltre il 27% rispetto al valore del CAC (Contributo Ambientale CONAI) e quindi fonte rilevante per il finanziamento delle operazioni, oltre il 20% dei ricavi totali. Un valore che prima dell’avvio del sistema finiva in discarica.
Contributo basso non significa pertanto fanalino di coda, ma leader di costi di filiera. Se ne deduce che il modello CONAI-Corepla per la plastica è considerato ormai a livello europeo un modello vincente</li>
<li>Aumentare il CAC in modo scollegato dai costi sostenuti per la raccolta, il recupero ed il riciclo non ci pare la soluzione che va nella direzione giusta in quanto esso, come accennato, non è una tassa ma attiene ad attività industriali di filiera. Non è quindi corretto impiegarlo come forma disincentivante per l’utilizzo di plastica, in rapporto ad altre opzioni, trascurando l’analisi del ciclo di vita che evidenzia un netto peggioramento nelle ipotesi di scelta di materiali alternativi o come incentivo per la raccolta, che alimenterebbe forme di mancanza di efficientamento nella gestione di tale servizio.</li>
<li>Il punto relativo all’informazione del cittadino ci consente di sottolineare l’impegno profuso dal Consorzio e da CONAI nelle attività di comunicazione sul territorio, che è centrale nelle finalità del sistema. Certamente si può sempre migliorare, ma credo che lo standard raggiunto sia più che sufficiente, con livelli di investimento nell’ordine di 5.500M€/anno per CONAI e 900.000€/anno per Corepla, in parte gestiti in comune con le Municipalità.</li>
<li>Il tema della standardizzazione e della prevenzione è sicuramente importante: Corepla da anni lavora in collaborazione con le Associazioni di categoria per affermare una cultura che premi le qualità ecocompatibili dei prodotti nella logica di ottimizzare i costi a fine ciclo vita; non è una strada semplice e richiede impegno e costanza per ridurre i tempi necessari affinché la logica del consumo sostenibile prevalga su quella delle mere politiche commerciali.</li>
<li>Una battuta sulla comparazione tra Francia e Italia relativamente alla raccolta delle bottiglie in PET. In Francia la legge prescrive la raccolta dei soli contenitori per liquidi, con il rimanente delle frazioni plastiche che va ad alimentare un imponente sistema di termovalorizzatori, nella logica di ottimizzazione della gestione del ciclo dei rifiuti; in Italia si è invece previsto l’allargamento della raccolta a tutti gli imballi in plastica, in presenza di un sistema di termovalorizzazione del tutto carente. Il risultato è una minore resa di raccolta, col problema del mancato gettito delle Regioni in emergenza, sotto gli occhi di tutti. Comunque l’indice di raccolta PET, secondo i dati ufficiali, è del 33% nel nostro Paese, non così distante dal 39% della Francia, con un’industria del riciclo che è la più forte d’Europa.</li>
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