"I nostri clienti non comprano un tubetto di dentifricio senza il cartone attorno": Esselunga non crede ai prodotti sfusi
Nostra intervista a Salvatore Ranchetti, Direttore Assicurazione Qualità della catena di supermercati Esselunga. "La distribuzione dei prodotti sfusi non funziona. Il consumatore non sceglie in base alla sostenibilità dell'imballaggio. Servirebbe una comunicazione semplice ed essenziale"
13 June, 2008
Il tema della riduzione dei rifiuti è all’ordine del giorno ormai da tempo, ma mai attuale come in questi giorni. Nei mesi passati abbiamo assistito ad esperimenti di distribuzione di prodotto “alla spina”, senza dunque packaging.
Ne parliamo con Salvatore Ranchetti, Direttore Assicurazione Qualità della catena Esselunga.
Esselunga sta sperimentando la distribuzione “alla spina” di alcuni prodotti?
No, al momento abbiamo deciso di non imboccare questa strada. Altre catene han deciso di farlo, noi per il momento stiamo alla finestra.
Una decisione che sembra essere “controcorrente”. Quali le ragioni di questa posizione?
La scelta di non investire su questa forma di distribuzione è basata su una serie di ragioni e analisi del mercato.
Innanzitutto a fronte di un investimento maggiore, sia per quel che riguarda le strutture sia per quel che riguarda il lavoro, daremmo meno scelta al cliente. Nello spazio in cui posso montare 20 dispenser, potrei offrire una varietà di scelta decisamente maggiore al cliente. Ma ci sono anche un’altra serie di problemi, legati all’igiene, alla sicurezza, alla rintracciabilità e alla qualità del prodotto messo in vendita. Facciamo l’esempio della pasta. La differenza fra l’imballo fornito dalla ditta produttrice e quello fornito dal supermercato è veramente minima, in termini di peso. Diverso il discorso sulla qualità dell’imballo: le ditte produttrici utilizzano plastiche tecniche, imballano in ambiente controllato, danno delle garanzie di tracciabilità, sicurezza e qualità del prodotto.
Il consumatore potrebbe però portare il sacchetto da casa…
A quel punto il supermercato non potrebbe garantire sulla qualità, perché non siamo a conoscenza né della tipologia, né delle modalità d’imballo…
Il pubblico, però, sembra gradire la vendita alla spina, là dove è stata attivata…
La nostra esperienza dice il contrario. Abbiamo provato a distribuire prodotti con imballaggio ridotto, ma i risultati sono stati davvero poco positivi. Abbiamo provato a distribuire tubetti di dentifricio e di maionese senza la confezione in cartone, ma i risultati di vendita sono stati decisamente sotto le possibilità del prodotto. Nel momento in cui l’imballo di cartone è stato reinserito sui tubetti di maionese, le vendite sono triplicate.
Ma la scarsa attenzione della maggioranza del pubblico verso il problema degli imballaggi è dimostrata anche dai refill dei detersivi: nonostante l’acquisto della “ricarica” sia economicamente conveniente, il consumatore, se deve comprare dieci volte all’anno un prodotto dotato di trigger (il classico “spruzzino”), lo compra completo, non rivolgendosi alla semplice ricarica.
Ad oggi una percentuale altissima dei consumatori non sceglie il prodotto in base alla sostenibilità del suo imballo
Bocciata la distribuzione “alla spina”, quali possono essere le soluzioni alternative?
Abbiamo visto che i comportamenti delle persone possono essere modificati, ma possono esserlo solo in base ad una semplicità di comunicazione.
Faccio un esempio: la classificazione energetica degli elettrodomestici. Da quando è entrata in vigore si è assistito ad un boom di elettrodomestici in classe A. Al consumatore devo comunicare semplicemente le caratteristiche del prodotto. Una via percorribile potrebbe essere quella della classificazione ambientale degli imballi, sullo stile degli elettrodomestici. Imballi classificati secondo un principio di sostenibilità e di riciclabilità.